Quando nel 2012, con il titolo Non so se don Lorenzo, uscirono per Feltrinelli le sue memorie su don Lorenzo Milani, ci colpirono l’autenticità e lo stile antiretorico con cui Adele Corradi rievocava episodi e ricordi del suo incontro con un personaggio tanto importante quanto ingombrante.
In quell’occasione su “Gli asini” (n. 9 e 10) e “Lo straniero” (n. 142 e 149) pubblicammo una serie di recensioni, editoriali e interviste sotto l’etichetta “salire a Barbiana non basta”. Il
bersaglio critico erano evidentemente i pellegrinaggi rituali nel Mugello di ministri, sottosegretari, presidi e sindacalisti che con la loro demagogia annacquavano il messaggio più autentico di don Milani.
Sono proprio l’autenticità e lo stile anti-retorico che hanno permesso ad Adele Corradi di cogliere i tratti essenziali della figura e del magistero di don Milani, senza lasciarsi stordire dal suo carisma: la radicalità, la creatività accompagnata da un marcato piacere per la sperimentazione pedagogica e la felicità di scrittura (diciamo pure lo stile, che pochi
anni fa gli ha valso, a ragion veduta, un posto nel catalogo dei Meridiani Mondadori).
Coetanea di don Milani, ma tutt’oggi vivente, Adele Corradi ha detto di sé che avrebbe potuto essere una delle tante professoresse della famosa Lettera se non avesse deciso, una domenica di settembre del 1963, di recarsi a Barbiana per vedere di persona come funzionava una scuola dove si imparava davvero a scrivere. Insegnante di Lettere alle scuole medie, apparentemente priva di una particolare vocazione all’insegnamento, non sfuggì la crisi e la fatica che l’insegnamento porta sempre con sé e, desiderosa soprattutto di trovare dei modi per insegnare a scrivere, iniziò a guardarsi intorno. E l’esperienza più significativa, e a pochi passi da casa, era proprio la scuola di Barbiana.
L’intervista che qui proponiamo ci porta nella scrittura collettiva, come è noto centrale nel lavoro educativo e politico di don Lorenzo. La voce schietta di Adele ci aiuta a comprendere quanto la scuola pubblica avrebbe potuto – e ancora potrebbe – apprendere da un incontro vero con l’esperienza di Barbiana se invece di una idealizzazione o di rifiuto
ideologico e/o di comodo, ci si f osse presi – ci si prendesse – il tempo di capire e di sperimentare. (Gli asini)