“La parola è la chiave fatata che apre ogni porta”. Questo il sottotitolo di un incontro di celebrazione del centenario milaniano organizzato sabato 4 novembre presso l’istituto Jean Monnet di Mariano Comense. La celebre frase del priore di Barbiana è stata il filo conduttore che ha legato gli interventi dei tre relatori presenti: Agostino Burberi, ex alunno di Don Milani, Don Claudio Burgio, fondatore e presidente dell’Associazione Kayros, e Marco Erba, insegnante e scrittore.
Nei tre diversi ruoli i relatori hanno tutti parlato dell’importanza della parola come strumento che può dar voce agli ultimi e li può riscattare da una situazione di marginalità. La marginalità di Barbiana è simile a quella che si può trovare ancora oggi nelle periferie, e non solo, delle grandi città o tra i giovani che non hanno ascolto nei loro contesti familiari e che a scuola per i loro comportamenti trasgressivi vengono puniti, etichettati e non compresi. Quando si dà ascolto a qualcuno gli si dà la parola; quando si dà ascolto al disagio giovanile, si combatte la violenza, perché la violenza è assenza di parola.
Questo, in sintesi, il pensiero espresso da Don Burgio sulla base della realtà in cui lui opera, a stretto contatto con i giovani del carcere minorile milanese. Al Beccaria arrivano giovani che si sentono “diversi” ed etichettati per la loro “diversità” – ha aggiunto lo stesso relatore. Il loro recupero parte dal riconoscimento della loro unicità e dalla fiducia nei loro talenti. Quando questa relazione di fiducia funziona, i giovani riescono davvero a riconoscere e a far emergere i loro talenti, e l’adulto che crede in loro è aiutato ad aprirsi e a superare i propri rigidi schemi mentali in un rapporto educativo non verticale ma circolare, come nella scuola di Barbiana.
Dare la parola non può prescindere dal dare fiducia. E quanto può fare, quanto può spronare un gesto di fiducia!
Ne ha portato esempi dal contesto scolastico in cui lavora il professor Marco Erba, esempi di ragazzi motivati da una semplice frase che rompe gli schemi in cui si sentono ingabbiati o dalla vicinanza di un insegnante che, senza giudicare, dedica loro del tempo. E quanto tempo dedicava Don Milani ai ragazzi della sua scuola? La sua era una scuola letteralmente a tempo pieno, come ha ricordato Agostino Burberi nel raccontare la sua esperienza di studente a Barbiana.
Gli insegnanti oggi non riescono sicuramente a offrire lo stesso tempo, ma quanti altri aspetti della didattica milaniana si possono, d’altro canto, riproporre nella scuola di oggi? Tanti.
Nell’insieme i tre interventi hanno dunque confermato l’attualità della pedagogia di Don Milani, che, a distanza di oltre mezzo secolo, può aiutare la scuola a superare la crisi profonda che sta vivendo e a dar voce a chi, con linguaggi sempre nuovi e comportamenti eccessivi, nella scuola continua a chiedere la parola.