Pratiche dialogiche e scrittura collettiva. Quali valenze complementari e come potenziare competenze di produzione della lingua orale e della lingua scritta?
Il connubio felice è germogliato nell’aula Magna del liceo umanistico “G. Parini “ di Seregno” nella vivacità dell’entusiasmo illuminato, del dirigente scolastico Gianni Trezzi capofila della rete di Scuole dialogiche che praticano tali prassi virtuose, dal 2020.
“Ciascuno cresce solo se sognato” di Danilo Dolci ha rappresentato lo sfondo della Giornata Formativa che si è svolta al Liceo Umanistico “G.Parini” il 28 ottobre scorso, a Seregno (MB).
Al mattino l’appassionata presentazione del Dirigente Scolastico sulla comunicazione efficace all’interno del complesso contesto in cui operiamo, quello della scuola, è stata seguita dal pomeriggio di scrittura collettiva a gruppi, per fissare l’intenso lavoro della mattinata.
Le pratiche dialogiche nate nei primi degli anni Ottanta in Finlandia presuppongono un ascolto serrato e autentico dell’altro, profondo, vero, reciproco e non giudicante: un contesto in cui recare preoccupazioni, affrontare problemi senza necessariamente tendere alla soluzione, nel rispetto dell’alterità che arricchisce e rigenera pensiero e azione.
Abbiamo così gustato una vera interdipendenza delle menti, come avviene nelle dinamiche cosmiche più affascinanti. I dialoghi sono stati attraversati da un autentico contagio emotivo capace di generare nuove epistemologie verso l’apertura al molteplice. Si è trattato di un viaggio interstiziale in cui grande importanza si accaparravano il viaggio e non la meta e nello spazio del tra risiedevano l’ascolto profondo e la reciproca assunzione di responsabilità.
In questa tensione dialogica è scattato un processo armonioso e dissonante generativo di un rapporto interpersonale e poi comunitario.
Riannodando il nastro, ci siamo messi in gioco in gruppi formati da otto componenti dei diversi ordini di scuola , dopo la presentazione del prof. Trezzi che ha lasciato intatta e accesa la curiosità dei docenti presenti, all’insegna dell’invito a dialogare e ad osservare in interscambio di ruoli, i contributi sulla scuola che si sogna. Gli interventi si sono svolti in un tempo fissato scandito e puntuale, per la durata di cinque minuti (segnalati da un cronometrista)senza la possibilità di interferire e replicare sui contributi offerti e ascoltati.
Il primo esito del lavoro ha visto rintuzzarsi l’individuale desiderio: questo sconosciuto!
I dialoghi hanno evidenziato universalmente gli ostacoli incontrati in classe e la direzione a setacciare nuovi pertugi di senso, utili a raggiungere la Generazione Z cui dedichiamo le nostre energie.
Un concentrato di conoscenze e relazioni improvvisate ma volute, sono sfociate in un’ improvvisata familiarità attraverso il racconto della pedagogia dell’aderenza da cui si può sprigionare una lezione diversa, un apprendimento singolare che nasce dalla cultura informale, sempre più spesso rappresentata dagli interessi contingenti e fuggitivi dei nostri studenti.
Ripenso a ritroso nel tempo.
Mi è salito un brivido quando L. collega della scuola dell’infanzia, ha raccontato in ruolo dialogante della demotivazione che coglie i bimbi fin dalla più tenera età, quando ho ascoltato in assoluta empatia le difficoltà delle colleghe più giovani e motivate ad insegnare dinanzi al “ troppo” pieno, richiesto da progetti da mettere in atto e incombenze da adempiere. Ho sussultato di fronte alla denuncia dell’assenza o della mancata collaborazione della famiglia, da tempo non propriamente alleata con la scuola. Ho nuovamente riflettuto sulla necessità di praticare un’autentica “ cura “ verso i ragazzi che come si osserva anche dall’osservatorio di scuola superiore- sono sempre più soli e falsamente insieme – come ha chiosato una collega, docente nella scuola secondaria di secondo grado.
Nel laboratorio di scrittura collettiva del pomeriggio, abbiamo riproposto il metodo, l’esperienza sempre nuova e illuminante della pratica milaniana in classe, per poter scrivere: abilità di coronamento tridimensionale, al kit innovativo praticato.
Dialogare, osservare, scrivere per poter sempre meglio educare o istruire?
Ai posteri, l’ardua sentenza.