Intercettare le menti degli allievi, questo è il vero compito di noi docenti

“La modalità più sana che ho trovato nella ricerca scientifica, l’ho recuperata da un errore intelligentissimo che ha fatto don Milani, perché lui che vive in una famiglia straordinariamente colta e potente [… ] a un certo punto lascia tutto e va a Barbiana. E poi lui che da bambino giocava tra le gambe di Joyce – dunque non può conoscere male l’inglese – fa un errore intelligente nei suoi testi e traduce la frase I CARE non, con “io ti curo”, ma con “TU mi stai a cuore”, perché rovescia l’ordine e diventa da “Io ti curo – tu sei oggetto e io soggetto – mentre se TU sei soggetto e io complemento di termine, succede quello che le neuroscienze chiamano mirror, cioè lo specchio. Così io ho trovato la via pedagogica… in cui facciamo chiarezza: tu sei il mio fine”. 
Questa affermazione articolata e struggente, mi ha fatto sobbalzare dalla sedia, mentre ascoltavo con interesse Daniela Lucangeli, nella sua serata estiva a Falerone, lo scorso agosto, parlare di emozioni e di crescita, davanti a 500 persone.
Che dichiarazione rivoluzionaria!
E proprio la consapevolezza di questo necessario ribaltamento e inversione di tendenza può motivare l’ingresso in classe come l’occasione propizia di un cambiamento possibile.
Ma chi è ancora disposto a intercettare il mistero delle menti e dei cuori dei propri allievi?


La dichiarazione bruciante di Daniela Lucangeli regala l’opportunità di emettere, alcune necessarie riflessioni, in primis, sul ragazzo come fine.
Concordo con lei, che non vi sia alcuna altra strada per intercettare il cervello cognitivo cioè quello che impara e apprende, senza educarci a conoscere e ri-conoscere quel cervello antico, senziente, limbico che è tutto percorso dalla paura o dal coraggio, dall’ansia o dalla fiducia che si sono inscritte nelle fibre dell’essere, prima di ogni apprendimento.
C’è  bisogno di coraggio per ascoltare e lasciarsi raggiungere dalle emozioni che gridano ogni giorno più forte attraverso il silenzio, il disagio e il malessere che  abitano i nostri giovani studenti.
Ma come rimuovere gli ostacoli che contrassegnano la noia e la mancata motivazione con cui vengono a scuola? Essi sono indigenti di Realtà e di Esperienza ovvero non trovano spesso la porta di accesso per poter conoscere e vivere la realtà, che proprio attraverso l’esperienza, diventa trasparente a se stessa. Tutta la fatica dell’educatore negli ultimi anni, mesi, giorni, si attesta proprio nel punto in cui solo uno sguardo di prossimità, può riuscire a tracciare le memorie.


Com’è affascinante ascoltare da Daniela Lucangeli quanto il cervello sia in grado di “sentire”, proprio con il cervello cosiddetto antico, quando l’altro emette un atto d’amore. Secondo la neuroscienziata infatti l’ansia indica l’essere soli o l’essere svalutati e può essere vinta solo da quel “sono con te” che pone una carezza, sulla ferita profonda. Oggi la specie – continua la Lucangeli – non ha la percezione del NOI come un fine. Allora occorre la potenza e la forza vettoriale di un cambiamento, per individuare la modalità di dissetare tutte le emozioni che generano cortocircuiti come quei ricordi negativi che azzerano l’apprendimento perché associato alla paura.
Sogno una scuola di realtà, cioè di esperienza.  Sogno una scuola che aiuti a pensare in modo attivo, interattivo, critico, perché ogni studente sia invitato a verificare le proprie esigenze costitutive, la totalità del suo essere in rapporto con  la tradizione e l’insegnamento che gli viene consegnato, nel rispetto delle modalità con cui ciascuno si apre a scoprire e ad indagare su tutto ciò che esiste. Non sostituiamoci al necessario scatto della loro libertà, non edulcoriamo il sacrificio e la fatica implicata in questo lavoro che li rende uomini.

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