Questa che riproponiamo è l’ultima intervista che Adele Corradi ha rilasciato sulla sua esperienza alla scuola di Barbiana, facendo scuola per quattro anni, dal 1963, al fianco di don Lorenzo Milani. In realtà, queste sue parole non sono solo ciò che è stata la sua esperienza a Barbiana, il suo stretto rapporto come persona e professoressa con don Milani. È in particolare una profonda riflessione e ancora una volta una spinta sull’attualità pressante del significato di fare scuola come la si faceva a Barbiana, anche attraverso il processo della scrittura collettiva con i suoi ragazzi.
Le parole di Adele Corradi sono in diversi passaggi molto forti, spesso critici. Ma vanno nella stessa direzione sottolineata da don Milani quando, in punto di morte, spiegava che cosa voleva dire fare scuola oggi: “Fate scuola, fate scuola, ma non come me. Fatela come vi suggerirà l’epoca in cui vivrete. Essere fedeli a un morto è la peggiore infedeltà”.
E Adele Corradi, in questa sua ultima intervista, ci lascia a sua volta il testamento didattico fra i più importanti di quella esperienza: come attualizzare il modo di fare scuola di don Milani. “Non si sceglievano argomento banali, ma sempre argomenti e temi su cui valeva la pena discutere e confrontarci. La scrittura collettiva è stato questo processo. Serviva per discutere, approfondire, riflettere, cercare argomenti nuovi. Si imparava a discutere ascoltando le idee degli altri partendo dall’idea che potessero servire per capire meglio. Il discutere è uno scambio di opinioni per diventare sempre più critici nei confronti di ciò che ci circonda e valutare la realtà intorno a noi”.
Oggi, lunedì 25 novembre, a Firenze, si sono svolti i funerali d Adele Corradi, il prossimo 9 dicembre Adele avrebbe compiuto 100 anni.
Per tutto questo, per tutta l’intera sua storia personale e professionale, la scomparsa di Adele Corradi segna la perdita di una figura centrale nella rivoluzione educativa avviata da Don Milani a Barbiana. La “professoressa di Barbiana”, come viene affettuosamente chiamata, fu più di una semplice collaboratrice: rappresentò una compagna di strada e una testimone lucida del pensiero e dell’azione del priore. A cominciare dall’incarnare, praticare e divulgare il metodo educativo che punta all’inclusione e alla giustizia sociale.
Corradi contribuì alla stesura della rivoluzionaria “Lettera a una professoressa”, opera collettiva dei suoi otto studenti che ha denunciato l’ineguaglianza del sistema scolastico e indicava una via alternativa: una scuola che non “curi i sani e respinga i malati”. Per lei, insegnare significava “non far odiare i libri ai figli degli operai e dei braccianti”, perseguendo l’ideale di don Milani di dare voce a chi era ai margini. Adele Corradi, non rinunciava a sue opinioni critiche.
Nel suo libro “Non so se don Lorenzo” riconosce quanto quell’esperienza avesse trasformato non solo il suo modo di insegnare, ma la sua vita stessa: “I rimproveri della Lettera a una professoressa me li meritavo tutti”.