Il docente regista coglie l’atteso imprevisto per coltivare la motivazione profonda

Il percorso di studio e delle lezioni in classe stavano seguendo il loro andamento logico, in una ordinarietà settimanale. Al centro delle lezioni avevamo messo lo studio del funzionamento del cervello umano, partendo dalla sua suddivisione in tre “aree”: una istintivo-rettiliano, per incontrare poi quella emotivo-mammifera e, infine, per approfondire quella razionale-cognitiva, definita neocortex. Il passo successivo prevedeva di affrontare lo studio dei neuroni e come questi in modo sorprendente assolvono le loro funzioni da protagonisti del sistema nervoso.
In classe, quel giorno, ospitiamo due docenti osservatori e testimoni della nostra lezione, e ci accorgiamo che l’ascolto dopo un alto interesse e meraviglia, diventa sempre più parziale e la distrazione ormai è diffusa. A poco quindi vale introdurre nuove informazioni se queste faticano ad arrivare a risvegliare ascolto e attenzione. Ed è a questo punto, però, che accadono due fatti significativi.
Ci guardiamo e raggiunto il silenzio in classe, compare alla lavagna la parola DIS-TRAZIONE, spiegata come frammentazione e dispersione del movimento, proprio come accade nella realtà con i veicoli da traino (trazione).
Ed è qui che comincia il nostro gioco esplorativo: cerchiamo, insieme, tutte le parole che cominciano con il prefisso “DIS” e ne spieghiamo il senso delle parole trovate. Tutti i ragazzi si risvegliano, tutti partecipano al lavoro e una pioggia di parole senza fine riempie la lavagna, tanto che è impossibile contenerle tutte.


Come è divampata la nuova “motivazione” che ora sta veicolando nuovo apprendimento? La risposta è nella pedagogia del modo di fare scuola di don Milani: dall’intercettare, cogliere, prendere sul serio e percorrere interamente il colpo di scena di un “atteso imprevisto”, perfino apparentemente fuori luogo e sgradevole.
Poco dopo, quasi provvidenzialmente, si sente suonare la sirena che indica l’allarme di evacuazione per possibile terremoto. Ed ecco che l’orecchio disabituato e disattento dei ragazzi, coglie il suono di una campana diversa solo quando si accorgono che gli stessi insegnanti per primi si sono riparati sotto i banchi. Questo dato di realtà, in sé ironico e formidabile, risulta così appropriato a sottolineare quella circostanza del presente, e rende definitivamente i ragazzi consapevoli del loro mancato e continuato NON ASCOLTO. Così, poco dopo, quando viene loro proposto di “nutrire” le emozioni che pullulano nel cervello cosiddetto limbico-emotivo comprendono meglio che esso ama ascoltare note come quelle del compositore tedesco G. Holst o sentir raccontare storie come quella recentemente narrata in un articolo di Alessandro d’Avenia sul Corriere della Sera dal titolo “A casa si torna, a scuola si va”.
È allora che comprendono grazie a un’interessante discussione fra di loro, che la scuola ha anche come suo scopo principale e funzione sociale, quello di aprirci la mente e lanciarci formati e sicuri verso il mondo vicino e lontano che ci sta attendendo.
Ma, dimenticavo! Non è rimasto inascoltato il sussurro di un ragazzo, di uno studente che solitamente in classe interviene poco e vive le relazioni con fatica. Alla domanda di provare a investigare il significato del contrario della parola “Distrazione”, guardando verso il pavimento e di sottecchi verso di me ha sussurrato: “Attrazione”. Per me che desideravo condurre tutto il gruppo oltre la banalità della parola “Attenzione’, la risposta di questo studente è stata percepito come uno squarcio di luce nella notte. Ecco che cosa può attrarre, calamitare e mettere in moto davvero la capacità di un insegnante di cogliere e attivare la motivazione.

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