In un cammino collettivo ogni parola sviluppa il valore del pensiero critico

Ogni classe, o meglio ogni gruppo di bambini e bambine, è un mondo da apprezzare, scoprire e accogliere come ricchezza!
È quello che provo ogni volta che varco la soglia di un’aula scolastica, di un luogo di aggregazione o di svago e divertimento in cui i protagonisti sono i più piccoli. Ho imparato che è necessario entrare con rispetto e delicatezza senza irrompere in una storia che mi ha preceduto e, sicuramente, mi succederà: io “non sono la classe” bensì mi inserisco, mi accosto e con loro condivido un tratto di strada con l’intendo di scrutare insieme al team docente eventuali ostacoli che possono impedire un viaggio tranquillo, ricco di emozioni e di cui avranno un piacevole ricordo. Certo… non sempre è così perché la vita frenetica che la nostra società alimenta in ciascuno di noi non ci permette di accogliere il bello che si cela all’interno delle esperienze di vita quotidiana e infonde sapore ad esse, ma nonostante tutto questa positività mi aiuta nei momenti più faticosi, annebbiati da costanti pessimisti contagiosi che faticano ad alzare lo sguardo verso l’orizzonte.
Così un giorno, parlando con le colleghe durante l’intervallo mattutino, si cerca di scoprire quali potessero essere le fatiche presenti in una classe seconda della scuola primaria che spesso appesantiscono il clima, rendendo le relazioni poco serene e rispettose. Si individua una fatica a collaborare, nel quale apprezzare come l’apporto di ciascuno è prezioso per costruire un prodotto finale in cui l’autore non è il singolo bambino/a ma l’intero gruppo classe.


È allora in accordo con le colleghe, prendo la palla al balzo: è proprio vero che «ciò che potremmo classificare comunemente come disagio» (insegnare a vivere, p.3) diventa il motivo occasionale, « fecondo punto di costruzione e di rimozione di ogni ostacolo» (cit., p.54) capace di spalancare davanti agli occhi un percorso unico. Nessuna ambizione, nessuno progetto scritto; solo l’obiettivo di scoprire il valore di una parola stampata e plastificata, posta sopra la lavagna di ardesia, probabilmente diventata arredo “cristallizzato” da qualche anno: “collaborare”. E il tempo? Il tempo… lo si trova: prenderemo il tempo necessario!
Da una parola nasce un cammino di scoperta che attraverso un tempo skolè, in cui sono stati coinvolti tutti gli alunni della classe, ha preso forma, grazie alla curiosità insita nel cuore e nella mente dei bambini: «tutti abbiamo fatto esperienza di un’ «arte che genera un apprendimento sostenibile raccogliendo briciole di parole e frammenti di pensiero per restituire a ciascuno di essi una dignità, un senso e un ruolo nel discorso collettivo» (cit., p.30). Sono stati loro, attraverso la scoperta di una concatenazione inimmaginabile e non programmata di parole, ad aprire tante porte: mio compito è stato semplicemente quello di accogliere e armonizzare ciò che, con soddisfazione e il sorriso stampato sulle labbra e negli occhi, spontaneamente offrivano!


Una parola che ha offerto un terreno di prova e di sperimentazione per imparare ad agire secondo i principi della democrazia e, nell’azione quotidiana, con la sua forza ha dischiuso i tanti fiori che compongono il giardino della classe: «È nell’apprendere insieme infatti che la soggettività emerge in quanto si specchia nello sguardo dell’altro. È l’altro che mi riconosce, che riconosce il mio contributo e compone la mia identità. Allo stesso tempo, è nell’apprendere insieme che l’IO si apre al NOI» (cit., p.45). Rileggendo il percorso, si sono create autentiche situazioni didattiche dove gli studenti si sono scoperti attivi e competenti, rafforzando la loro autostima, sviluppando la curiosità per il mondo e il pensiero critico, stimolando la loro creatività in vari ambiti disciplinari e incoraggiando a costruire cose nuove con le proprie mani.
Certamente ancora tanto lavoro e impegno ci attende, ma i primi passi sono essenziali per intraprendere la strada in cui aumentare il senso di responsabilità, della competenza sociale e dell’autostima: un proverbio buddista ci ricorda che «quando non vedi i risultati, quando hai voglia di arrenderti, ricorda che l’ultima cosa a crescere su un albero, sono i suoi frutti». E i primi frutti, non si sono fatti attendere!
Il risultato ha davvero lasciato a bocca aperta gli alunni, protagonisti del percorso, i docenti del team, gli assistenti educatori e, speriamo, anche chi leggerà la documentazione generativa di questo semplice ma intenso e significativo percorso.

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