
I preadolescenti, anche se, chi più chi meno, conservano parte della spontaneità dell’infanzia, sono spesso il riflesso del mondo adulto che li circonda. Mi è capitato di entrare in una scuola privata frequentata da ragazzi di estrazione socio economica decisamente più elevata rispetto a quella dei ragazzi della scuola pubblica dove insegno. Ho condotto lì un laboratorio di scrittura collettiva per il quale, in base alle caratteristiche della classe, mi era stato suggerito dagli insegnanti un tema di partenza, inclusione- esclusione.
Ho iniziato chiedendo ai ragazzi con quale parola avrebbero descritto la loro classe. Ogni ragazzo si è espresso liberamente, alcuni hanno parlato anche più di una volta, tutti, pur utilizzando parole diverse, hanno contribuito a delineare il quadro di una classe massimamente inclusiva e accogliente, con descrizioni generiche, arricchite con molti luoghi comuni e frasi fatte: “…perché si deve…”; “…perché bisogna…”; ” …infatti è giusto…”.
Abituata a confrontarmi in classe con ragazzi non tanto più sinceri quanto piuttosto meno impostati, ho avvertito per un attimo la sensazione che, in quel contesto così controllato, davanti a ragazzi che sono educati a preservare, sicuramente più dei miei studenti, un’immagine decorosa di sé e di quello che esprimono, la scrittura collettiva non avrebbe sortito effetti.

E invece è bastato che un loro insegnante li conducesse a riflettere sul contesto di realtà, su un fatto appena successo che li riguardava direttamente, perché la conversazione prendesse una direzione diversa. A quel punto una ragazza, chiamiamola Laura, ha preso coscienza che lei nel lavoro di gruppo del giorno prima si era sentita esclusa e, in risposta, una compagna ha ammesso di essersi lasciata influenzare dai compagni nell’imporre una decisione contro quella di Laura e alla fine la classe intera ha realizzato che la descrizione iniziale di classe perfetta non corrispondeva a realtà.
Un ragazzo, il classico primo della classe, che inizialmente era instancabile nell’alzare la mano, è presto rimasto spiazzato dal fatto che alcuni compagni, quelli che più facilmente rimangono ai margini nel contesto scolastico tradizionale, trovassero spazio nel gruppo e facessero interventi evidentemente validi e pertinenti. In quel contesto, infatti, si sentivano liberi di esprimere quello su cui erano più preparati degli altri, perché più vicino alla loro esperienza personale. È stato così semplice ottenere questo risultato. L’essenzialità della scrittura collettiva ha riportato alla luce la verità essenziale di questi ragazzi ed io ho avuto prova ancora una volta di quanto il clima disteso in cui si lavora nei laboratori di scrittura collettiva aiuti a osservare e a ricostruire le dinamiche di classe.