“Com’è cambiata la scuola? E’ unita se si pratica una vera koinè scolastica”

Quelle che seguono sono le riflessioni di Ilaria, una studentessa alle prese con un PCTO.
Alla domanda della maestra Elena Bagini di riassumere con sue parole l’esperienza in atto, Ilaria risponde: “Oggi ho compreso come la Koinè scolastica unisca alunni e insegnanti, creando un ambiente di apprendimento inclusivo, attivo e collaborativo”

Sono Ilaria, una semplice ragazza che sta frequentando il quarto anno di liceo delle scienze umane e per il PCTO, sono tornata da poco nella mia vecchia scuola che mi ha ospitata e cresciuta per molto tempo e non ho potuto fare a meno di notare quante cose siano cambiate nell’arco di sette anni; infatti, questo tirocinio mi sta permettendo di vedere la scuola da una prospettiva diversa e unica.
Quando andavo alle elementari si utilizzava ancora il metodo frontale, dove l’alunno stava al banco e copiava sul suo quaderno ciò che la maestra scriveva alla lavagna, inoltre eravamo sommersi da schede e c’era una certa rigidità. Però ammetto che c’erano già dei piccoli segni di cambiamento; infatti, ho fatto diversi progetti che avevano come obiettivo quello di sensibilizzare noi bambini su argomenti molto delicati, ma fondamentali per non commettere più errori fatti nel passato. Per esempio, ricordo che per il fascismo, le maestre ci avevano fatto costruire il diario di Anna Frank e fatto imparare la canzone della Shoah… ricordo anche che a noi piaceva tanto cantarla, ma a quell’età non riuscivamo a capire il vero significato di tutto ciò che era successo, per noi era come un gioco e di conseguenza non ne capivamo l’importanza.


Studiando a scuola pedagogia e psicologia, ho imparato come il gioco e il divertimento siano funzionali per far apprendere al bambino e per trasmettergli dei concetti difficili.
In questi giorni sto osservando come un metodo basato sul gioco, stia dando i suoi frutti nella classe in cui sono stata inserita; esso fa parte del progetto Barbiana 2040, che vede come fondatore don Milani.
I bambini di otto-nove anni sono chiamati a mettersi molto in gioco, tutto ciò che dicono viene accolto con entusiasmo dai diversi maestri, i quali poi gli chiedono il perché della cosa appena detta e grazie a ciò il bambino impara a ragionare e ad argomentare e soprattutto aiuta allo sviluppo della sua personalità.
Successivamente si costruisce un percorso centrato sul lavoro di gruppo e che viene percepito dal bambino come una sorta di gioco; quindi, lui si diverte ma allo stesso tempo impara.
Le attività che ho osservato lavorano molto sulle relazioni tra gli alunni promuovendo l’empatia e il rispetto reciproco e le tematiche difficili vengono affrontate attraverso la discussione aperta che permette agli alunni di esplorare questi argomenti in profondità senza sentirsi sopraffatti.


Per esempio, un giorno si è parlato di “scuola ideale” e i bambini attraverso il brainstorming, hanno espresso il loro parere, argomentando il loro pensiero e sono uscite considerazioni molto profonde.
Sono davvero colpita da come la scuola sia riuscita a trasformarsi in un ambiente che non solo educa, ma che supporta e nutre lo sviluppo personale degli alunni, promuovendo lo sviluppo di competenze sociali ed emotive importanti. Sicuramente questo tipo di approccio può aiutare gli alunni a sviluppare una comprensione più profonda del mondo che li circonda e a diventare cittadini consapevoli e responsabili.
È davvero affascinante notare come la scuola sia cambiata ed evoluta nel corso di pochi anni e sicuramente quest’esperienza mi ha dato la speranza che questo cambiamento continui e arrivi fino alle scuole secondarie di secondo grado.
Il mio augurio è quello che la scuola diventi un luogo sicuro per noi studenti e che non sia più causa di ansie, paure e traumi che accompagneranno la persona per tutta la vita.

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