Da quando sono insegnante precaria di scuola secondaria, la prima campanella dell’anno è muta: la chiamata non si sente, arriva silenziosa sul sito dell’Ufficio Scolastico Territoriale, a volte nottetempo, e sta a te andarla a scovare, costruendoti la tua ritualità apotropaica: la tazzina del caffè fortunata, i vestiti belli da primo giorno di scuola ripiegati sulla sedia, il motore di ricerca più affidabile per il controllo del sito dell’UST.
Dopo anni di convocazioni da GPS (Graduatorie Provinciali per le Supplenze) nel mese di settembre, quest’anno per tanti di noi precari non si è sentita nemmeno quella muta chiamata e ci troviamo senza un lavoro. Se capacitarsene è difficile, cercare delle motivazioni lo è ancor di più.
Quel che si è capito è che un peso importante lo hanno avuto le procedure di concorso per l’immissione in ruolo o, meglio, il ritardo delle procedure di concorso. Bandito nel dicembre del 2023, il concorso è iniziato in primavera con la prima prova scritta a tema pedagogico. A seguire, si sono formate le commissioni per la prova orale, che hanno spesso lavorato a singhiozzo a causa della dimissione e rinomina di nuovi commissari, mentre altre non si sono nemmeno ancora formate; pare infatti che il compenso non sia affatto appetibile. L’Unione Europea aveva concordato con l’Italia piani di assunzioni nel settore scuola, stanziando i famosi fondi Pnrr, a patto che il primo blocco di tali assunzioni avvenisse entro il 2024. Il governo ha forse peccato di eccessiva meticolosità quando ha intesto la data di scadenza come il 31 dicembre 2024, e non l’inizio dell’anno scolastico 2024-25; proprio come fanno i nostri studenti, sempre pronti ad appigliarsi all’ultimo minuto utile per la consegna. Ancora una volta saranno loro a rimetterci, e non poco.
Dovendo garantire un posto a chi risulterà vincitore di questo concorso in questi ultimi mesi dell’anno, gli UST hanno avuto ordine di “accantonare” le cattedre che andranno a questi ultimi, non inserendole in quelle disponibili nelle consuete GPS. Eppure quelle cattedre ci sono, sono tante e sono vuote a scuola già avviata. Verranno riempite da precari come me, con già qualche anno di esperienza, che saranno però individuati da GI (Graduatoria di Istituto), firmando cioè un contratto assai penalizzante perché contiene la dicitura “fino avente diritto”. Significa che entreremo in aula a fine settembre, se va bene, e in un bel giorno di ottobre, novembre o dicembre dovremo dall’oggi al domani lasciare posto a chi ha vinto il concorso e riattivare la domanda di disoccupazione.
Dietro alla cattedra, nell’arco di quattro mesi, gli studenti vedranno sfilare due o tre persone diverse, in barba alla continuità didattica; potrebbe succedere anche in prima e in terza media, oppure in quinta superiore. Vi sfido a trovare un genitore (non docente) che sia consapevole di come andrà e delle motivazioni. Inoltre, il contratto da GI è per noi insegnanti uno dei più svantaggiosi. Solo due esempi: verremo probabilmente pagati a mesi di distanza e in caso di malattia la retribuzione è decurtata del 50% fin dal primo giorno. Persino quattro anni fa, da neolaureata, ho potuto lavorare a condizioni migliori.
Perché man mano che cresco in formazione, competenze ed esperienza, contrattualmente retrocedo invece che progredire?
Ho affrontato e passato questo concorso brillantemente e prima o poi il mio posto arriverà: però perché poi e non ora, ora che serve a me e che serve agli studenti? Chi sceglie di insegnare è consapevole che si tratta di un mestiere dalla carriera pressoché esaurita nel ruolo di vicepreside o preside, tuttavia regredire improvvisamente in una carriera da gambero mi pare eccessivo, un segno di morte di ogni credibilità e attrattiva professionale.
Tornando alle GPS, qualche posto disponibile c’è, e in Lombardia li si stanno riempiendo in questi giorni con il famoso Algoritmo (con la maiuscola, come tutti gli idoli portatori di ordine e giustizia) che partendo dall’alto assegna i posti in base al punteggio, senza mai togliere il brivido di qualche colpo di scena. Quello di quest’anno è stato l’alto numero dei posti dedicati ai cosiddetti “riservisti” ossia docenti con titoli preferenziali (tutela 104, invalidi civili etc) a cui quest’anno si è aggiunta l’abbondante quota del 15% dei posti per chi ha svolto il servizio civile universale, e che quindi sorpassa sul lato chi ha punteggio anche doppio, senza nemmeno mettere la freccia.
Ma cosa c’entra il servizio civile con le competenze e le conoscenze per insegnare? Non è che forse lo Stato pensa al fatto suo, ai suoi vassalli, più che al bene e alla crescita degli studenti che gli sono affidati?
Al netto di ciò, si può dire che nelle province lombarde nelle materie ancora coinvolte nel concorso sono entrati da GPS candidati con punteggi alti, dunque con molti anni di esperienza, con titoli preferenziali di riserva o con servizio civile. E i giovani? E i neolaureati che quest’anno in alcune classi di concorso si trovano davvero senza chances?
Tra gli insegnanti “fortunati” (perché hanno un lavoro di cui hanno diritto), alcuni non hanno accettato l’incarico da GPS per i più svariati motivi. Ecco quindi che quelle cattedre sono tornate in mano agli UST che in un secondo momento hanno fatto ripartire l’Algoritmo dall’ultima posizione a cui erano arrivati, facendo quindi scorrere verso il basso e non ripartendo di nuovo dalla prima posizione, affidando così cattedre annuali a candidati con punteggi ben più bassi di tanti che come me al primo scorrimento erano rimasti senza lavoro. Se persone con punteggi di gran lunga inferiori e senza titoli preferenziali passano davanti a chi ha punteggi superiori per casualità delle tempistiche, a cosa serve fare una graduatoria? Per ironia della sorte pare che in un sistema in cui tutto retrocede, l’unica cosa che avanza quando non dovrebbe è l’Algoritmo.
Per essere certa di questa assurdità, o per disperazione, ho chiamato l’UST chiedendo conferma. Ebbene sì, è tutto scritto nell’ordinanza n. 88 del 16 maggio 2024, art.12, comma 10: l’Algoritmo riprende verso il basso assegnando le cattedre che sono rimaste vuote non a chi spettano per punteggio, ma a chi per fortuna casca nel punto giusto della stringa di quel codice che certo non si prende la briga di ripartire dall’alto a stanare i disoccupati meritevoli. Al telefono, l’impiegata dell’UST deve aver colto il mio sconforto alla conferma che la legge dice così, dunque teneramente si è lasciata scappare un commento: “Lo so che è brutto, però…”. Non sono riuscita a trattenermi dal rispondere che a me non pare “brutto”, ma anticostituzionale, che è ben diverso, e non degno di un Ministero che ha scelto di chiamarsi Ministero del Merito.
E così, ecco che gli UST si ritrovano facilmente addosso il ruolo di capro espiatorio in questo teatro dell’assurdo. “L’Algoritmo non sbaglia”, così ha detto l’impiegata dell’UST: questa stessa espressione è ormai un dogma tra noi precari, mentre dovremmo riflettere sul fatto che non è questione di credere o non credere nella matematica, nella téchne, non è questione di far funzionare la macchina bene, ma di decidere che senso dare alla téchne. Ma perché abbiamo questa venerazione per un Algoritmo che evidentemente ha delle pecche, ma a cui ci attacchiamo come con a un idolo quando si parla di rivedere il suo funzionamento?
Ho amici che sono genitori di neonati, che hanno più di un figlio o che ne desiderano uno e che da questo Algoritmo hanno saputo che sono senza lavoro, nonostante siano laureati, abbiano i 24 Cfu (crediti formativi universitari), siano ottimi insegnanti con anni di esperienza e si aspettassero come ogni anno una cattedra. Questo colpo basso di precarietà imprevista centra in pieno persone che spesso stanno vivendo un’età di intensa progettualità, facendo danni ancor maggiori. Chi darebbe un mutuo a un disoccupato? Chi farebbe firmare un contratto di affitto sulla base della Naspi, con la speranza che, forse, a novembre…?.
L’Algoritmo non sbaglia, ma forse siamo noi che stiamo sbagliando qualcosa.