La critica feroce alla scuola classista, una scuola che seleziona ed esclude anziché garantire a tutti uguali opportunità formative così come previsto dalla nostra Costituzione, è in Lettera a una professoressa ampiamente supportata da grafici e tabelle che rendono evidenti le tesi sostenute dai ragazzi di Don Milani. Anche in questo il Priore si è dimostrato in anticipo sui tempi, fra i primi a intuire l’importanza della statistica come strumento indispensabile per comprendere la realtà.
In un passaggio molto significativo della lettera, Don Milani guarda con orgoglio i suoi studenti dialogare alla pari, anzi tener testa a due esperti dell’Istat convocati a Barbiana per una consulenza.
È con in mente questa lezione che lo scorso gennaio ho proposto ai miei alunni, tre classi di quinta primaria, di partecipare ad un contest indetto dall’Istat: “Il censimento permanente sui banchi di scuola”. Ci veniva offerta la possibilità di accedere al database dell’Istat per leggere ed utilizzare i dati necessari a raccontare il nostro territorio. Più in concreto, le classi avrebbero dovuto cimentarsi in una “censigara” rispondendo a un quiz sulla statistica e produrre una storia originale.
Superfluo dire che la proposta è stata accolta con entusiasmo; i ragazzi si sono seriamente impegnati nello studio della statistica e della storia del censimento e, al momento di ideare la storia, hanno dato libero sfogo alla creatività. Con il contributo di tutti, alunni e docenti del team, sono state sviluppate tre tracce, una per sezione, tutte egualmente interessanti.
Denominatore comune la consapevolezza che i dati statistici non sono meri numeri ma indizi per smascherare luoghi comuni e sfatare consolidati pregiudizi.
Come richiesto completiamo il lavoro e inviamo le storie entro il 31 marzo. E poi…
Passano i giorni e anche le settimane. All’inizio i ragazzi sono ansiosi di sapere l’esito delle loro fatiche e chiedono con insistenza quando arriveranno i risultati. Io cerco di tenerli a bada, spiego che ci vorrà tempo: deve riunirsi una giuria per valutare i numerosi elaborati provenienti da scuole di tutta la Penisola. E così, adagio adagio, l’entusiasmo si smorza e i ragazzi finiscono col dimenticare il concorso, presi come sono da altre incombenze quotidiane.
È dunque una vera sorpresa quando ai primi di giugno ci viene comunicato che siamo vincitori: tutte e tre le storie sono incluse nell’albo delle migliori, una riceve una menzione speciale per la competenza tecnica mentre un’altra si classifica addirittura al primo posto assoluto! Siamo invitati a Treviso per la premiazione che si svolgerà il 22 ottobre nell’ambito del Festival della statistica.
Passa l’estate e finalmente arriva il fatidico giorno. Dall’invio della storia sono trascorsi parecchi mesi, per ragazzi di undici anni quasi un’era geologica. Ora sono tutti in prima media, in classi diverse, alle prese con nuove sfide. Della storia alcuni ricordano a malapena il titolo. I tempi degli adulti non sono quelli dei bambini, si sa…
Riusciamo ad organizzare una trasferta a Treviso; ad accompagnare un gruppo di ragazzi che ritireranno il premio c’è il team docenti al completo con tanto di famiglie al seguito. Sul palco della premiazione fatico a contenere l’emozione e temo le domande del conduttore. “E se interrogano i ragazzi? Saranno in grado di ricordare qualcosa del lavoro svolto?”. Ma ecco che con disinvoltura Michele prende il microfono e all’intervistatore che vuol sapere cosa sia rimasto di questa esperienza afferma “con questo percorso ho imparato che è bello lavorare insieme ed è molto più facile”.
Cos’altro aggiungere? Avrei dovuto avere più fiducia nei miei ragazzi. È vero, il tempo cancella i dettagli ma l’essenza rimane. E l’essenza è fatta di scrittura collettiva, di conversazioni filosofiche e di cinque anni passati a discutere e lavorare fianco a fianco, in quella palestra di democrazia che è la vita di classe dove il sapere si costruisce insieme con il contributo di tutti.