È il tempo di educare
È sempre un atto di speranza

Ma facciamo abbastanza per i nostri ragazzi e le nostre ragazze? Ne vale proprio la pena buttare tutte le energie di una giornata per questo lavoro? Tanto alla fine, cosa rimane? Sono solo alcune delle domande che sono rimaste al termine di una conversazione tra colleghi, la scorsa settimana in aula docenti. Chiaramente sappiamo bene quanto sia impegnativo e spesso, precario, il lavoro anzi la “missione” dell’insegnare: dopo le ore in aula, a fine giornata ti ritrovi qualche riunione impegnativa che se potessi, passeresti più che volentieri a qualcuno… e per concludere la giornata devi anche preparare l’attività per il giorno seguente…

Tutto ciò ci dice in modo molto chiaro e palese che oggi, come ho avuto modo di ascoltare alla Lectio Magistralis del cardinal José Tolentino de Mendonça lo scorso 23 marzo nel contesto dell’iniziativa «Educare oggi e domani. Le sfide della scuola cattolica» promossa dalla Fondazione Opera sant’Alessandro a Bergamo, stiamo attraversando «una crisi di trasmissione dei saperi tra le generazioni, una crisi che riguarda tutte le istituzioni, dalla Chiesa alla famiglia, alla scuola» e ogni altro organismo che si prefigga scopi educativi.
La crisi è certamente un pericolo perché ci dice che in questo contesto sono minate le fondamenta del futuro, le fondamenta di una civiltà giusta e umana: il crescente numero di conflitti non è altro che l’orizzonte di un mutamento mondiale dove sembra essere protagonista indiscutibile il Super-ego .
Tuttavia, si deve affermare che è da millenni – anche se con parole diverse – che si parla della difficoltà di educare e delle sfide che ne scaturiscono: «Questa gioventù è marcia nel profondo del cuore. I giovani di oggi sono maligni e pigri. Non saranno mai come la gioventù di una volta. Quelli di oggi non saranno capaci di mantenere la nostra cultura» (Incisione su un vaso di argilla nell’antica Babilonia 3000 a.C.).

Dunque non è solo un problema di oggi… e ciò, non ci deve rincuorare quanto piuttosto spronare a fare del pericolo un’opportunità per tutti per alzarci e superare l’ostacolo proprio come fa un’aquila di fronte a una tempesta. Dobbiamo eludere di leggere la situazione con i soli paradigmi pedagogici che spesso riduciamo a “funzionalisti” correndo il rischio di rendere ancor più profonda l’emergenza educativa: bisogna tener presente che ogni ingiustizia contro un povero è una ferita aperta, e sminuisce la stessa dignità della persona che la incide. Non abbandonarsi alle sterile lamentazioni e lasciarsi sfidare dalla crisi diventa un’opportunità inaudita per rilanciare con speranza «una generazione di maestri: maestri di umanità, maestri di compassione, maestri di nuove opportunità per il pianeta e i suoi abitanti, maestri di speranza» (cardinal Tolentino).

Il cardinal José Tolentino de Mendonça

Educare quindi è sempre un “atto di speranza” in quanto generativo e promettente contro la paura, l’incertezza e lo smarrimento di cui spesso i nostri ragazzi e ragazze, ma non solo, sono invasati. Dobbiamo liberarci dalla «legge del timore» (Giovanni XXIII, Pacem in terris) attraverso alleanze intergenerazionali nella quale ogni essere umano è aperto al confronto con il mistero dell’esistenza.
Come allora liberarci dalle catene della rassegnazione e del cattivo giudizio di cui spesso siamo artefici o vittime? Trovo ancora attuali, interessanti e ricche le parole di papa Francesco durante l’udienza generale del 20 settembre 2017, compendiabili in quattro verbi: sogna, rialzati, costruisci e pazienta.

Spesso parlando agli adolescenti, torno volentieri alla parola “sogno” perché richiama il cielo, le stelle e i desideri: senza quelli non intraprendiamo nessuna strada ma semplicemente stazioniamo mendicando qualcosa da chi passa. Ecco allora l’invito: «Sogna! Non avere paura di sognare. Sogna un mondo che ancora non si vede, ma che di certo arriverà. La speranza ci porta a credere all’esistenza di una creazione che si estende fino al suo compimento definitivo […] Gli uomini capaci di immaginazione hanno regalato all’uomo scoperte scientifiche e tecnologiche. Hanno solcato gli oceani, hanno calcato terre che nessuno aveva calpestato mai. Gli uomini che hanno coltivato speranze sono anche quelli che hanno vinto la schiavitù, e portato migliori condizioni di vita su questa terra».


Capita sovente di incontrare ragazzi con grandi sogni ma spesso li vedi svogliati e poco motivati nel conseguirli poiché le difficoltà prendono il sopravvento: «Se sbagli, rialzati: nulla è più umano che commettere errori. E quegli stessi errori non devono diventare per te una prigione. Non essere ingabbiato nei tuoi errori». Solo così, dal verbo rialzarsi, nasce spontaneo il terzo: «Ovunque tu sia, costruisci! Se sei a terra, alzati! Non rimanere mai caduto, alzati, lasciati aiutare per essere in piedi. Se sei seduto, mettiti in cammino! Se la noia ti paralizza, scacciala con le opere di bene!» Oggi, la nostra società iperconnessa ci spinge alla rapidità, all’immediatezza non dando il giusto tempo per potersi rialzare ma esiste un verbo che nel vocabolario dei nostri anziani troviamo ancora e si chiama “pazientare”: «nei contrasti, pazienta perché un giorno scoprirai che ognuno è depositario di un frammento di verità».

Concludo con una risposta data a un giovane insegnante che, nel dibattito conclusivo del nostro incontro-confronto, ritengo essere molto importante: «Ascoltare sempre gli alunni in quello che dicono e ascoltare pure quello che non dicono». Sono tutte piccole gemme, forse timorose nel germogliare per il continuo soffiare di venti freddi ma cariche di un’energia che solo il calore del sole, della Verità, è capace di avvolgere nel suo splendore e far nascere.
Da questo silenzioso ascolto, dalle caratteristiche invernali in quanto opera nel nascondimento, nasce un dialogo profumato dai mille colori della primavera; solo così dalla meraviglia nasce lo stupore aprendo ciascuno all’esperienza di eternità: per questo la virtù della speranza non va smorzata, come del resto ci testimonia l’esperienza pastorale di don Lorenzo Milani, ma siamo «chiamati a seminare la speranza per costruire la pace» (Papa Francesco, Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni 2024).

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