Educazione come idea
di coscienza e responsabilità

La rassegna di convegni Molte Fedi sotto lo stesso Cielo, che da più di un decennio è organizzato dalle Acli di Bergamo affronta, con ospiti autorevoli, diverse tematiche di carattere sociale, filosofico e antropologico. Il tema generale di quest’anno è stato: “Appassionati al presente. Dunque c’è luce”. 
Per declinarlo nel nostro territorio di Valle Imagna, si è costruito un percorso incentrato sulla figura di don Milani dal titolo Don Milani e la passione per gli ultimi; il nostro fine è  stato di interrogarci sull’operato di don Lorenzo, riscoprendo con lui l’amore e la passione che lo hanno reso una figura emblematica e profonda. 
La ricerca ci ha svelato alcune pietre miliari, ancora molto attuali, che possiamo riassumere nell’I care: la fede nella sua missione, l’impegno di educatore che mira a rendere i suoi alunni uomini liberi, partendo dai loro bisogni reali, la consapevolezza dell’importanza di costruire una comunità dove non solo i deboli hanno bisogno dei forti, ma anche i forti hanno bisogno dei deboli… A fare da base imprescindibile a questo compito, la parola. 
Il peso che don Milani dona alla parola come pondus sul terreno delle relazioni, riveste oggi uno spessore ancora più profondo e importante. La comunicazione odierna, le parole che utilizziamo in modo improprio, non più per esprimere gentilezza, diventano invece sempre più spesso strumento di oppressione, quando addirittura non costituiscono armi/ferite, per il pregiudizio e la violenza più feroci. La corruzione della parola attraversa i talk show, le informazioni mediatiche fino alle nostre ordinarie conversazioni. 

Nella sua introduzione a L’arco deposto. Attraversare i conflitti e osare la pace, libro destinato ai Circoli di R-Esistenza, edizione 2023-24, Daniele Rocchetti cita don Tonino Bello, che sempre si è battuto per la pace, e amava ripetere la storia di un saggio orientale che avrebbe voluto chiedere a Dio Onnipotente un solo miracolo: ridare alla parola il senso originario.
Nel suo intervento a Molte Fedi sotto lo stesso Cielo del 2023, Massimo Recalcati ha fatto una disamina dei mali del mondo contemporaneo. Secondo lo psicoanalista (che da sempre partecipa al convegno che esalta la convivialità delle differenze come base di un’educazione alla pace), la parola è oggi evaporata, non ha più peso, non ha più sostanza. 

Nel mondo che deifica l’apparenza e il consumismo, la parola non lascia più traccia, è inconsistente, disgregata. Si afferra l’indispensabilità della parola soprattutto nella sua assenza: pensiamo ad esempio a tutte le minoranze, che non hanno voce perché non hanno la strumentalità della lingua. Se ne occupa, ad esempio, Eraldo Affinati che ha fondato scuole gratuite per stranieri in Italia ed altri paesi europei. 
Si vedono le conseguenze disastrose della perdita di valore della parola anche nell’educazione; ne è una prova la crisi della scuola e il senso di impotenza di molte famiglie di fronte al compito di educare i propri figli.


Dunque, è a dir poco salutare, tornare alla connotazione che la parola assume per don Milani parola vera, PAROLA veicolante quell’amore evangelico per cui è così utile esprimere il proprio pensiero e incrementare la volontà di comprendere fino in fondo il pensiero dell’altro. Il valore aggiunto di don Milani grande pioniere della parola nel suo valore semantico, investe davvero  tutti gli eventi del secolo breve che ha vissuto, poiché in 44 anni di vita tra il 1923 e il 1967 ha attraversato una svolta storica inedita: dai totalitarismi al secondo conflitto mondiale, dall’avvento delle comunicazioni di massa, al Concilio Vaticano II, fino alla contestazione giovanile. Il suo non è stato un passaggio marginale, ma di  piena consapevolezza e coinvolgimento e la  parola per lui ha assunto il valore di  messaggio di libertà e limpidezza di spirito, appello alla responsabilità di tutti verso tutti, fino a dare impulso alla missione educativa della  scuola come istituzione solida tesa tra passato e futuro, straordinario strumento di riscatto per gli uomini del suo e del  nostro tempo.

Consideriamo che almeno questa sia  la sua inconfutabile e indiscussa eredità.
Il testo che segue è frutto di una scrittura collettiva, scaturita dal terzo incontro di Molte Fedi in Valle Imagna: un gruppo di persone, coordinato dalla professoressa Rosaria Di Gaetano, ha letto ed elaborato i “fogliolini” raccolti nelle precedenti serate: la prima dedicata al don Milani sacerdote, condotta da Giuseppe Fornari (docente di Storia del pensiero filosofico presso l’Università di Verona), in dialogo con Edoardo Martinelli, allievo di don Milani e co-autore di Lettera a una professoressa. La seconda serata vedeva come ospiti l’ex preside ed il professore d’arte del liceo Berchet di Milano (frequentato a suo tempo da Lorenzo Carlo Milani Comparetti), i professori Innocenzo Pessina e Cesare Badini, che hanno ricordato don Milani sotto  l’aspetto artistico.  

La scelta del gruppo, quella sera costituito in prevalenza da insegnanti, è caduta sul tema del don Milani educatore, ma il lavoro offre molti spunti che, chissà, si potrebbero scandagliare in futuro. 
Questo lavoro di ricerca e di riflessione è frutto della collaborazione di persone ed enti che da tempo desiderano porre alla comunità di appartenenza interrogativi che la spingano a mettersi in cammino, a costruire percorsi condivisi e costruttivi. O, come oggi si suol dire, generativi.  È perciò doveroso ringraziare per la collaborazione: il Dirigente dell’Istituto Maria Consolatrice Prof. Luigi Sorzi, l’Istituto Comprensivo di S. Omobono Terme, la cooperativa sociale Lavorare Insieme, l’associazione Dorainpoi, le parrocchie della Valle Imagna, l’azienda Speciale Consortile, la Rete nazionale di Scuole Barbiana 2040 e tutte le persone che sono intervenute.

L’educazione è sempre basata sulla realtà, non poggia mai sulla retorica. Don Milani parte sempre dai bisogni reali non effimeri, dalla cultura informale dei ragazzi, dal loro contesto di realtà per condurli alla presa di coscienza, che va educata facendo leva sul principio di realtà. Se l’educazione non si basa sulla realtà, non è vera educazione, ma una forma di “indottrinamento”. Lo stesso Cristianesimo si professa solo se è elemento di realtà-verità. Innamorarsi della realtà è professarla, perchè per don Milani la realtà è la sola verità, l’essenziale.
Cercando una definizione presa dall’esempio vivente di don Milani, l’educatore è colui che ha il compito di fornire strumenti per lo sviluppo del pensiero critico e libero. Don Milani non dice cosa bisogna fare per essere buoni insegnanti, ma come si debba “essere” per insegnare, non dà metodi e tecniche: con il suo agire e con il suo stesso essere, testimonia chi è l’educatore autentico.
Egli in questo modo si preoccupa di far prendere coscienza ed educare alla libertà. Infatti la missione dell’educatore è fornire gli strumenti per essere uomini liberi. 
Dare gli strumenti per il riscatto sociale e la libertà di pensiero significa anche guardare la realtà della vita da più punti di vista per un approccio multilaterale. Per esempio don Milani nel ‘50 porta dalla Germania la cartina della Palestina e utilizza un approccio storico, geografico e sociologico per analizzare la realtà di quello Stato.


Anche il coraggio di far partire i ragazzi per l’estero fa parte del processo di emancipazione che don Milani desidera per loro perché possano diventare uomini liberi.
L’uomo libero è un uomo Assoluto, totale, che realizza pienamente la propria umanità, non solo nella sua dimensione individuale di cittadino sovrano, ma anche in quella comunitaria. I care è l’espressione di un prendersi cura autentico degli altri, da non intendersi puramente come un farsi carico generico dei bisogni altrui, bensì quale “mi importa”, il contrario del motto fascista “me ne frego”.
Agire l’I Care per un educatore significa vedere gli allievi nella loro realtà, nel loro modo di essere unico e diverso per tutti. Significa creare una relazione virtuosa, che costituisce la base per ogni apprendimento significativo. Dà centralità all’allievo per dare voce ad ognuno che appartenga al popolo. 


L’essenziale vibra nella parola, che sfocia nella scrittura come amore e verità. L’apice del processo educativo avviene nella scrittura collettiva: l’arte dello scrivere è una sintesi del metodo educativo della Scuola di Barbiana. La nostra Costituzione è il più alto esempio di scrittura collettiva da parte dei padri e delle madri costituenti.
Attraverso le diverse sensibilità delle persone si può arrivare alla scrittura collettiva come espressione di aderenza alla realtà e come mezzo per un processo educativo integrale, i cui fondamenti sono cultura, coscienza e libertà fino all’assunzione di responsabilità.
Per don Milani, la sua assunzione totale di responsabilità non è un dato politico o sentimentale: è un impegno trascendente che coincide con la sua conversione e vocazione. Egli mirava quindi al riscatto assoluto dell’uomo perché il vero riscatto è portare gli uomini a Dio, alla verità. Dare la parola è strumento imprescindibile di questo riscatto. In questo stanno l’attualità e l’eredità della pedagogia di don Milani.

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