Educazione emotiva: una carenza pericolosa. E fra adolescenti sfocia in relazioni tossiche

Essere ucciso a 19 anni da un ragazzino di 17 per avergli sporcato una scarpa. A Napoli, Santo è stato solo l’ultimo giovanissimo ammazzato di altri tre delitti solo nell’ultima settimana. Ma negli ultimi sei giorni non c’è solo Napoli, C’è Perugia, lei ragazzina di 17 anni drogata e abusata da un gruppetto di quattro ragazzi fra i 17 e i 22 anni. E poi c’è anche Piacenza: Aurora studentessa di 13 anni spinta giù dal settimo piano perché il suo fidanzatino non sopportava di essere stato lasciato. E ancora, l’altro ieri, in una scuola vicino a Roma: una ragazzina di 12 anni prima accusa il compagno di classe di aver fatto la spia con la prof, poi lo accoltella nel cortile della scuola. Questi gli episodi tragici solo nell’ultima settimana.
Il mondo degli adolescenti – fra i 14 e i 19 anni – è in ebollizione relazionale, la confusione sentimentale non è mai stata così alta.
Affetto, gelosia e controllo non sono mai state dimensioni così complicate da decifrare. E interpretare. Così come la violenza, il linguaggio aggressivo, la manipolazione emotiva, gli atteggiamenti violenti. Le relazioni fra adolescenti si fanno sempre più complicate e complesse: il 41% ha subito atti di violenza nel rapportarsi ai propri coetanei. Il 30% dice di aver agito violenza sul partner.


E poi il controllo, ossessivo, sulla propria fidanzatina o sull’amico più vicino: chiamate insistenti per controllare la posizione (29%), insulti se non si fa rintracciare in brevissimo tempo (27%) e la manipolazione emotiva per ottenere qualcosa contro la volontà dell’altro (24%). Il 15% usa minacce per esercitare timore. La confusione è alta sotto il cielo degli adolescenti e la “Survey Teen 2024” di Fondazione Libellula, su un campione di 1592 adolescenti. L’indagine “Senza Confine. Le relazioni e la violenza fra adolescenti” esplora proprio questo mondo di rapporti, intrecci e affettivo dei giovani fino ai 19 anni. E affonda la sua lente fino a cogliere l’influenza che hanno ancora gli stereotipi di genere, il continuo minimizzare le espressioni di violenza anche dentro a un rapporto di amore e sentimenti. Il cui confine tra amore e violenza, però, rimane sempre più difficile da identificare. E giù giù nell’analisi fino a scandagliare l’intelligenza emotiva. Con una evidente lacuna culturale. E formativa.
Esiste una netta disparità di consapevolezza tra ragazzi e ragazze, in tema di educazione affettiva, un evidente “gender gap”. Mentre alle ragazze viene insegnato a difendersi, ai ragazzi manca spesso – e non viene insegnata – spesso una vera educazione al rispetto dei confini altrui, una reale educazione alla responsabilità nelle relazioni. Questa differenza di educazione, è inevitabile che poi si riflette nelle aspettative e nella tolleranza verso certi comportamenti.


Tutto questo è un insieme di fenomeni e comportamenti che Massimo Ammanniti indica nel suo ultimo libro come I paradossi degli adolescenti. Nessun ragazzino vuole essere escluso dagli altri. Così come è fortissimo il bisogno di essere accettati dagli altri coetanei. Ma su questo processo, sottolinea Ammanniti, verso la piena adolescenza “intervengono spesso ostacoli, esperienze e traumi che pregiudicano il suo percorso”. E così ecco la paura di non essere inclusi nel gruppo, di non essere pronti davanti a un rifiuto, di avere il terrore di non essere all’altezza degli altri.
La ricerca della Fondazione Libellula va subito al punto, in questo. Molti adolescenti vivono ed esercitano dinamiche di possesso e controllo. E, peggio, spesso non le identificano affatto come violenza. Un esempio: il 50% dei ragazzi crede che la gelosia sia un’espressione naturale dell’amore, e il 32% delle ragazze è d’accordo. Ancora più allarmante è il 40% che non considera violenza azioni come chiedere al partner di condividere le password dei social o monitorare la sua posizione tramite geolocalizzazione. È a questo punto che passa come accettabile la percezione distorta sul significato e sul valore del consenso: per 1 adolescente su 5, baciare o toccare una persona senza il suo consenso non è violenza. Inoltre, più di 1 adolescente su 4 considera normale raccontare a terzi dettagli intimi del partner senza il suo permesso.


In questa carrellata di dati emerge proprio qui il fenomeno e l’impatto degli stereotipi di genere. Su tutti la tendenza a minimizzare la violenza tra gli adolescenti. Due fenomeni che emergono come i pilastri di questo “iceberg della violenza” sono proprio gli stereotipi e il victim blaming, ovvero il biasimo verso le vittime. La persistenza di tali pregiudizi nelle nuove generazioni dimostra che la violenza è spesso il risultato di convinzioni culturali radicate. Per esempio, l’indagine rivela che molti adolescenti la violenza è giustificabile in alcuni contesti o attribuiscono alle vittime una certa responsabilità. Quasi 1 ragazzo su 5 (19,7%) ritiene che l’abbigliamento femminile possa provocare un’aggressione sessuale, mentre il 10% pensa che una ragazza che accetta un invito a casa di un ragazzo sia poi in parte responsabile di ciò che accade. Una convinzione radicata soprattutto nei ragazzi: il 40% attribuisce la colpa della diffusione anche alla ragazza coinvolta, mentre scende al 19% tra le ragazze.
Gli stereotipi di genere sono proprio duri a morire: il 36% del campione pensa che gli uomini hanno bisogno di una donna che si prenda cura di loro. E il 38% è d’accordo sul fatto che le donne abbiano bisogno di un uomo che le protegga. Ma esiste una percezione ancora più distorta di ciò che può costituire violenza. Solo il 18% delle ragazze crede che un “no” significhi realmente “no”, mentre quasi il 38% dei ragazzi è convinto che spesso le ragazze dicano “no”, ma intendano dire “sì”. In questa confusione risulta evidente il ruolo di certi stereotipi che normalizzano atteggiamenti invadenti, alimentando convinzioni che sminuiscono il rispetto del consenso.


E così ecco al passaggio forse cruciale di tutta l’analisi: ruolo dell’intelligenza emotiva e della consapevolezza nelle relazioni affettive degli adolescenti. L’intelligenza emotiva, come capacità di riconoscere, comprendere e gestire sia le proprie emozioni sia quelle altrui. Definito così diventa un elemento essenziale per prevenire dinamiche violente e promuovere rapporti sani. Tuttavia, l’indagine è categorica nella sua conclusione. Molti adolescenti mancano di strumenti adeguati per gestire i conflitti e distinguere tra gelosia, controllo e amore. E sono soprattutto i ragazzi (tutti i casi di cronaca lo dimostrano tragicamente) ad apparire spesso meno consapevoli delle implicazioni dei propri comportamenti. È difficile distinguere tra protezione e controllo, e così si sfocia in forme di abuso psicologico e gelosia ossessiva. Che resta “accettabile” come espressione dato che il 56% dei ragazzi vede proprio nella gelosia una naturale espressione d’amore, mentre solo il 32% delle ragazze è d’accordo.

Ma ci sono ben altre discrepanze che emergono dall’indagine: chiedere al partner di limitare i contatti con gli amici o di vestirsi in un certo modo, non sono considerati forme di violenza. Il 40% degli adolescenti non riconosce come violenza telefonare ripetutamente o inviare messaggi insistenti per ottenere risposte. C’è proprio confusione fra l’insistenza e il segno di affetto.
Nelle loro conclusioni, Emanuela Confalonieri, Luca Milani, Gaia Cuccì e Camilla Chiara Colombo, docenti del Dipartimento e Facoltà di Psicologia, Università Cattolica di Milano, e curatori dell’indagine non trascurano di indicare anche qualche traiettoria per contrastare questa tendenza e promuovere relazioni più equilibrate. Prima indicazione: la “Survey Teen 2024” invita a “una riforma educativa che includa programmi di intelligenza emotiva e educazione sentimentale nelle scuole. Aiuterebbe gli adolescenti a comprendere meglio i propri sentimenti, sviluppare empatia e stabilire relazioni basate sulla fiducia e il rispetto reciproco”. La consapevolezza emotiva e la comprensione del consenso risultano quindi fondamentali “per aiutare i giovani a riconoscere i confini e a rispettarli. Con programmi di educazione sentimentale, si potrebbero evitare molti dei comportamenti problematici che emergono dai dati, insegnando ai ragazzi che l’amore non è controllo, e alle ragazze che non devono tollerare situazioni di possesso o manipolazione emotiva”.

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