Brrr, che fresco risveglio, ma dove sono? Fa freddo, non vedo nulla, forse devo sollevare il mio cappello. Ma no! Ancora nulla.
Tutto è grigio, cupo. Non vedo più in là del sasso nero.
“Sono solo?” grido al vento.
Un brivido mi parte dallo stelo e si ferma all’anello bianco che mi distingue.
Inizio a sollevare un po’ di più il pesante capello rosso, tra le lamelle giallo limone mi sembra di intravvedere qualcosa: un rasserenante filo verde vicino al tenebroso nero. Sarà erbetta? Sarà un fiore che riposa?”.
Ecco, di nuovo il nulla, tutto è grigio e umido, ma stranamente allo stesso tempo sereno ed avvolgente. Sono tranquillamente solo in mezzo ad un placido grigio che lascia spazio alla fantasia. Mi sembra di vedere un drago fumante che mi invita a seguirlo nel fitto grigio, tra le nuvole; un’aquila appollaiata vicino al nido tra le grigie rocce; i pini argentati che con un lento movimento sembrano salutare il mio risveglio…
Ora c’è un grigio, più grigio, che mi pizzica il nasino, “Etciù!” i puntini bianchi del mio cappellino sembrano giocare a rimpiattino. C’è un odore diverso, sa di lontano, sa di casa, sa di uomo.
Inizio ad essere malinconico qui in mezzo al grigio, tra odori strani e cose piacevoli che scompaiono.
Ecco, sollevo un po’ di più il mio pesante copricapo. Una fredda pioggerellina leggera mi lava gli occhietti. Il grigio tende a svanire, a diventare più luminoso. Fredde macchie bianche e lucenti, intervallate dal verde, si notano vicino al sasso nero: sarà neve? Sarà dolce? Sarà?
“Hey, attenzione ci sono io qui!”.
“Mi scuso, non ti avevo visto con tutto questo grigiore” si giustifica la piccola lepre dal manto bianco.
“Avvicinati, vieni sotto al mio capello, riparati dalla pioggia ghiacciata”.
Da lontano si sente il fischio del vento.
“Dai, è il segnale che dura ancora per poco!”.
“Cosa?”.
“La nebbiolina mattutina, devo andare, ho da fare”.
“Andare dove?”.
Il vento si fa sempre più vicino.
Si trasforma in un dolce tepore.
Chiudo gli occhi e mi lascio cullare e penso alla lepre bianca, chissà cosa avrà da fare nel bel mezzo del grigio. Una tana tutta grigia, una fuga, un bel pranzetto grigio intenso…
Qualcosa di strano mi fa il solletico, mi riscalda il cappellino, apro un occhietto, lo richiudo, lo socchiudo. Una luce aranciata mi avvolge. “Ma doooove sono?” grido al vento.
“Ciao brontolone, dove eri poco fa?” mi risponde un funghetto mio vicino.
Apro gli occhi e MERAVIGLIA, da sotto il mio capello rosso vermiglio vengo avvolto da un turbinio di colori danzanti: il rosso mattone delle foglie, il fucsia dei ciclamini, il bianco delle ultime prataiole, l’azzurro del cielo, il marrone del cervo, il verde dei campi, il giallo della paglia, il blu del laghetto, il rosa della casetta dal camino fumante, e, in fondo al sentiero, la lepre bianca con i suoi leprottini…E IN FONDO, IN FONDO, in lontananza, IL GRIGIO.
Il mio vicino mi sussurra:
“Una regola esiste qui come altrove:
Guardare al mondo sempre con placido STUPORE!”.
QUI SOTTO E’ POSSIBILE SCARICARE IL PDF DELLA STORIA DI LAVINIA AGOSTI