I docenti imparano la tecnica
della Scrittura Collettiva

Una domanda come punto di partenza: “Mi sapete dire le sequenze di lavoro per procedere con questo metodo?”
Dalle loro risposte ho capito che davvero era molto fuori luogo ed ecco mi rendo conto ancora oggi della conferma delle parole di Don Milani:
“Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola. […] Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola».

Questa riflessione collettiva è scaturita nel corso delle lezioni di scrittura collettiva dei docenti delle scuole della Rete e che, da qualche anno, stanno sperimentando questo tipo di approccio all’apprendimento.
Punto di partenza è l’analisi del contesto di realtà in cui viviamo oggi.
I dati ci dicono che il 72% degli italiani non sa più interpretare un testo mediamente complesso; anche i dati sulla dispersione scolastica sono in peggioramento; a ciò si aggiunge la dispersione scolastica implicita, cioè il numero di studenti che pur andando a scuola non apprende. Il nativo digitale sembra perdere la capacità di ascolto, la capacità di memorizzare, mentre l’apprendimento si riduce a una mera operazione meccanica.
Per il nativo digitale la vista è il canale privilegiato, tanto che fatica a immaginare a occhi chiusi. Tende a vivere nell’isolamento, ma cerca nella scuola la sua identità, come unico luogo che offre esperienze di confronto autentico con l’altro.
Quali sono le cause di questo scenario umano? Quali sono le possibili strade per uscire da questa emergenza educativa?
Il nostro progetto Barbiana 2040 propone di offrire risposte e possibili via d’uscita, seguendo la traccia di don Milani in modo infedele, perché mutate sono le condizioni.
Attraverso la proposta di laboratori di scrittura collettiva nelle classi, ripercorriamo la pedagogia dell’aderenza tra parola e pensiero per lo sviluppo del pensiero critico.
Oggi, nel mondo del lavoro, è richiesto proprio questo modo di procedere, che non è competitivo, aiuta a creare il gruppo, motivarsi insieme, trovare insieme una soluzione e addirittura insegna a lavorare insieme sullo stesso testo in modalità a distanza o in differita o in momenti diversi. Se vogliamo entrare anche nel merito delle competenze per la vita, dal punto di vista lavorativo questa è una competenza aggiuntiva che fa uscire dalla logica castrante del giudizio.
Punto di partenza per don Milani era il mondo contadino, collaborativo in ogni sua dimensione. Don Milani raccoglieva il linguaggio della gente comune di Barbiana e di San Donato, perché voleva aderire e comprendere la cultura contadina, sobria e per nulla permissiva, come prima di lui Tolstoj, che raccoglieva le parole dei contadini per creare un vocabolario d’uso della gente semplice, che utilizzava nei romanzi quando i personaggi parlavano. Punto di partenza per noi è la realtà della generazione dei “nati nel digitale”.

I FONDAMENTALI: UNA PEDAGOGIA DELL’ADERENZA

Oggi più che mai, si rende necessaria una pedagogia dell’aderenza: è fondamentale partire dal contesto di realtà, da ciò che è motivante per il bambino, riconoscendolo nella sua globalità. Occorrono tempi rallentati per educare a pensare e a riflettere, abbandonando la fretta e l’ansia da prestazione. Spesso noi docenti fatichiamo a lavorare in modo disteso dimenticandoci del tempo: vogliamo concludere le attività per condurre gli alunni verso gli obiettivi prefissati. Perdere tempo è invece guadagnare tempo!

IL PRINCIPIO DI INFEDELTA’

In questi anni nelle nostre scuole si sono sperimentate tante metodologie: filosofia per bambini, cooperative learning, peer to peer… ma la forza dell’approccio milaniano contiene tutte queste buone pratiche, le riadatta e reinterpreta, anzi le supera, perché si lavora sulla globalità del bambino con un percorso interdisciplinare o meglio transdisciplinare.
Ma qual è il rischio a cui si va incontro nel momento in cui si vuole offrire rigidamente la stessa proposta educativa? Il rischio è di cristallizzare questo processo svuotandolo di significato, perché si perdono i fondamentali. Il rischio dell’insegnante è ridurre la prestazione al fogliolino come fosse una tecnica. Dobbiamo saper osservare, interrogarci e non cristallizzarci. Nella sperimentazione conta infatti il paradigma del modello imperfetto: è il principio di infedeltà.
Se il metodo si lega al contesto di realtà deve avere quindi la capacità di modificarsi in itinere, di trovare strategie nuove.
Il nostro lavoro non è altro che un reinterpretare la buona pratica milaniana nell’epoca della tecnica, considerando il nativo digitale. Bisogna ritornare alla centralità della parola come “logos”, partendo dalla sua etimologia, trasformando la classe in una comunità di ricerca linguistica.

Ma come procedere affinché questo operare diventi patrimonio comune?
È fondamentale:

  • condividere idee all’interno del team, della scuola e delle reti di scuole;
  • osservare i colleghi in azione abbandonando la dinamica del giudizio;
  • dare valore allo sguardo degli osservatori che ci arricchisce e ci interroga e che permette di mettere a fuoco quelle dinamiche che non avevamo preso in considerazione.

Entrare ad osservare una lezione in atto fa davvero la differenza! Pensare di intraprendere l’approccio milaniano solamente se tutto il team condivide la scelta, è utopico: il modello imperfetto ci spinge a partire e a contaminare  i colleghi strada facendo.
Abbracciare questa metodologia è e deve essere una scelta di libertà, non di costrizione, se il metodo non libera l’insegnante, non può liberare l’allievo.
I bambini accolgono le nostre diversità, le nostre scelte, le nostre digressioni di percorso, perché hanno sicuramente una flessibilità superiore alla nostra.

ECOLOGIA DEL PENSIERO: IL PROCESSO

Nel laboratorio di sviluppo del pensiero critico attraverso la scrittura collettiva, conta il processo, non il prodotto. Il testo diventa la fase conclusiva di un procedimento svolto in collaborazione dal gruppo che riflette, si confronta e impara a pensare in modo critico. La scrittura è l’apice del processo di recupero della cultura informale: mentre noi recuperiamo la cultura informale, attiviamo quei processi di memorizzazione per cui la memoria non è più elettrica, direbbe la bioscienza, ma diviene biologica.
Si può attivare oggi la memoria? si possono allenare la memoria e l’attenzione? Può avere senso apprendere brani a memoria su aspetti culturali fondativi? Forse, i problemi di memorizzazione e assimilazione dei contenuti sono dovuti più ad un eccesso di stimoli, sia a scuola che fuori di essa, che ad un apprendimento meccanico a scuola?

Attraverso questo laboratorio sicuramente si allenano ascolto e attenzione, e si possono dotare i bambini e i ragazzi di strumenti utili ad allenarli, perché già il fatto che l’alunno debba prendere appunto, allena la sua attenzione e la sua capacità di ascolto e contemporaneamente la memoria. Infatti nel momento in cui io scrivo una parola, quando la leggerò richiamerà tutto il discorso che sta dietro quella parola, o mi dovrà richiamare tutto un vuoto che io non ho compreso dietro quella parola. 
La tecnica del fogliolino è una palestra di identità, uno spazio di democrazia, di inclusione e di libertà dove ognuno inizia a pensare da solo e nessuna idea è sbagliata e ciascuno diventa protagonista attivo del percorso di apprendimento imparando ad imparare.
Nulla viene buttato, nessun fogliolino viene scartato; questa ecologia del pensiero è molto importante, soprattutto in un periodo come questo in cui molti ragazzi manifestano fragilità.
Il docente, come un regista, stimola gli alunni a puntare in alto, a non abbassare il livello, ad alzare l’asticella, ad osare e ad agire nella famosa zona di sviluppo prossimale di Vygotskij, favorendo l’apprendimento.
Cammin facendo si focalizza per chi stiamo scrivendo e perché.

IL GRUPPO: LA SOMMA DEI PENSIERI

È l’entità fondante dell’approccio alla pedagogia milaniana in quanto non è la somma dei pareri, ma un valore aggiunto in sé. Nelle pieghe del processo infatti, si nascondono dei valori veramente importanti che possono diventare costitutivi non solo per il gruppo classe e per la scuola, ma per l’intera comunità.
Per questo motivo è fondamentale lavorare tanto sulle abilità sociali fin dalla scuola dell’infanzia. Molto ampia è l’importanza delle regole condivise per un buon clima di classe che permettono di creare un contesto non ambiguo in cui non sia presente l’anarchia nè nella mente, nè nei discorsi.Il bambino o il ragazzo deve vivere il diritto di parola che gli viene concessa solo qualora rispetti il suo turno ed esponga un pensiero compiuto e ricco di senso.
Ad esempio, l’attenzione del gruppo a chi sta parlando, dà dignità alla persona sulla quale si posa lo sguardo dell’ interlocutore. Ascoltare l’altro e argomentare quello che ha detto genera una circolarità virtuosa,arricchente, nella discussione. Viene sempre richiesto di spiegare la propria opinione, di motivare ciò che io penso e condivido con il gruppo per discuterne, alla ricerca di un pensiero comune, collettivo. Se le regole della comunicazione e dello scambio vengono esplicitate e interiorizzate dal gruppo,ne conseguirà l’autoregolazione, raggiunta in un clima sereno e un rafforzamento dell’autorevolezza dell’insegnante/regista.
Il lavoro di gruppo è una modalità fortemente inclusiva che permette di rinforzare le competenze sociali: attraverso la scrittura collettiva è possibile ricostruire la fiducia interpersonale.

LE MAPPE CONCETTUALI

Sono riferimenti mentali per organizzare lo studio e l’esposizione orale, per leggere la realtà, per muoversi in essa.
Interessante la mappatura che precede la scrittura, nella mappa concettuale o mentale vi sono quegli elementi, inseriti dai bambini e ragazzi che lentamente diventano una costellazione attorno ad una tematica o ad un problema; elaborando insieme una mappa, i ragazzi costruiscono schemi logici e mentali.
Se caliamo le mappe dall’alto, esse si svuotano. È necessario accompagnare i ragazzi in un tempo lungo, disteso, per elaborare tali mappe.
In questa modalità del lavoro il ruolo dell’insegnante/regista è di stimolare incessantemente affinché i ragazzi si coordinino da loro, seguendo un filo logico.
Ad esempio, lasciare che costruiscano da sé la linea del tempo è ben altra cosa dall’utilizzarla già predisposta. Anche per lo studio della geografia a scopo esemplificativo, una mappa completa dovrebbe abbracciare anche il contesto sociale, economico, finanziario, ambientale, relativo a un dato paese.
Attraverso il lavoro di mappatura il discente potrà appropriarsi del metodo di studio, oltreché del contenuto.

L’ERRORE COME RISORSA

Serve a tutti, non dobbiamo averne paura poiché è parte del processo di apprendimento. Accettare l’errore permette di sentirsi più liberi e accolti, non si ha paura di sbagliare e di essere giudicati.
Inoltre, il giudizio negativo sull’errore divide e non include. Dovremmo concepire anche la devianza non come un fallimento, ma un’occasione per compiere ugualmente, un percorso di crescita e cambiamento.
All’interno del processo è fondamentale pensare, dialogare e ragionare insieme, senza fornire risposte precostituite, esortative, moralistiche.
I dialoghi socratici sono parte attiva e costruttiva dell’intero processo e percorso: cercare e trovare risposte non sempre definitive, tutti insieme ci apre all’approccio globale di un problema. È all’interno di tale contesto dialogico che le digressioni costituiscono un’opportunità per aprire nuove finestre.
L’errore può generare autoironia, come l’apice dell’intelligenza.
Nel metodo scientifico sono contemplati gli errori perché in esso si procede proprio per prove e sbagli ammissibili, tentativi ed eventuali fallimenti, intoppi e intralci luminosi.

CHE COSA OSSERVIAMO ALLA SCUOLA PRIMARIA

La pratica dell’osservazione richiede una premessa: non deve interferire con la dimensione di intimità del gruppo, deve essere attenta, ma molto discreta e non “spezzare” l’armonia creata. Cosa è accaduto alla scuola primaria dopo alcuni anni di sperimentazione del Progetto Barbiana 2040?
Gli insegnanti che lo stanno praticando hanno inserito elementi nuovi di personalizzazione nelle proposte legate alla Pedagogia dell’Aderenza di don Milani: dal preparare i fogliolini senza forbici – per affinare la motricità fine dell’orecchio e dell’occhio a fronte dell’impoverimento generato dalla tecnologia digitale -all’utilizzo del taccuino più ampio del fogliolino, che permette anche di esprimersi attraverso il disegno per i bambini che non abbiano acquisito completamente la scrittura o  che prediligono questo canale comunicativo.
A titolo esemplificativo in una classe seconda, i bambini sono stati suddivisi in due gruppi e in modo molto spontaneo, fluido, non caotico, si sono sviluppate simultaneamente tre attività: la riscrittura dei fogliolini, il disegno, la spiegazione stupefacente di attività routinarie da parte di una bambina segno di quanto siano state interiorizzate.
In un angolo dell’aula è stata predisposta una sedia ricoperta di tessuto giallo denominata “Sedia dell’empatia”: chi si siede su questa sedia ha la possibilità di essere ascoltato mentre esprime ai compagni e alle insegnanti il proprio stato d’animo, i propri sentimenti e comunica ringraziamenti, scuse e confidenze.
Su una parete accanto alla “Sedia dell’empatia”, è esposta una riproduzione della Gioconda che scatena l’emozione di essere guardati da ogni direzione: gli occhi della Gioconda infatti, seguono i movimenti dei bambini.
Queste attività ripetitive rispondono al bisogno dei bambini di sicurezza e contenimento e quindi generano in loro piacere e benessere. La buona riuscita di tali esperienze è dovuta anche ad un’organizzazione funzionale dello spazio, che risponde all’assunto che l’ambiente è maestro. Ad esempio, in ogni aula tutto dovrebbe indirizzare alla lettura e alla scrittura valorizzando il canale visivo-spaziale come quello più prezioso per l’apprendimento.
A questo proposito, si è riflettuto sulla valenza del colore come libertà di pensiero e comunicazione in contrapposizione al bianco e nero recepito come binario di costrizione.


La scritta “Ubuntu” appare sempre colorata con i colori dell’arcobaleno.
Dalla rappresentazione della realtà per immagini deriva infatti, il pensiero simbolico che ha dato origine all’invenzione della scrittura. 
Accanto al senso privilegiato della vista, nel contesto di apprendimento così progettato, si dà importanza anche alla partecipazione, al movimento e agli spostamenti nello spazio. In effetti, per un vero apprendimento vale la famosa massima confuciana “Se ascolto, dimentico, se vedo ricordo, se faccio, capisco”.
Colpisce il clima armonioso della classe, manifesto di un grande lavoro sulle relazioni, sul riconoscimento delle emozioni proprie e altrui e sull’autocontrollo che sa creare movimenti composti e tranquilli. Questo clima sereno e positivo è il risultato di un esercizio quotidiano di democrazia che favorisce l’interiorizzazione di regole condivise e lo sviluppo di abilità sociali. Inoltre, mentre i bambini sono impegnati in varie attività, l’insegnante può osservare, vedere cosa succede, e cogliere segnali preziosi per dirigere la propria azione.
Alla base di questa pedagogia, c’è la fiducia nelle potenzialità di ciascun bambino e nei suoi bisogni e la flessibilità dell’insegnante nell’affidarsi ai percorsi dei bambini senza seguire un ordine stabilito a priori. Infatti, ogni risposta scatena una domanda e ogni domanda scatena a sua volta una ricerca; come è accaduto all’Homo Erectus il quale raggiunta la stazione eretta e guardando nuovi orizzonti, ha avuto immediatamente il bisogno di nominare le cose, mentre la sua ugola andava sviluppandosi.

Come rendere ancora più coinvolgente il processo della scrittura collettiva come laboratorio creativo?
Si può stimolare il gruppo classe a lavorare sui propri sogni, desideri, esplorando il confine tra realtà e fantasia: a occhi chiusi si immagina e ad occhi aperti si ragiona.
Anche per noi insegnanti partecipanti lo spessore della parola ‘creatività’ è la sintesi dell’esperienza dei giorni in classe e in formazione collettiva.

CHE COSA OSSERVIAMO NELLA SCUOLA MEDIA

Il percorso critico legato alla pedagogia dell’aderenza riveste per la scuola media un interesse particolare perché accende numerosi interrogativi sul nostro mondo in repentina evoluzione. Occorre spesso superare con una buona dose di temerarietà, una certa reticenza a pensare, ragionare e a discutere. In linea di massima, il regista è invitato ad attraversare alcune ondate di esitazione, di tergiversazione o boicottaggio in attesa della ricomposizione che deriva da uno sguardo attento e partecipe, forte e sicuro della loro irriducibile crescita evolutiva. Il preadolescente o neonato sociale si rivela ricco di stimoli, ricettivo ad ogni tipologia di stimolo, ma spesso incapace di portare alla luce le proprie competenze e abilità. In altre parole, occorre comprendere i passaggi con cui i preadolescenti interiorizzano e assimilano il processo proposto per l’apprendimento. Si registra quotidianamente la fatica dell’ascolto: divenuto intermittente e labile, lascia gli allievi spesso sguarniti di altre abilità, in preda all’ansia, alla noia, all’assenza di motivazione. I nostri allievi sono caratterizzati da una modalità di comprensione misteriosa nelle sue fasi e sotterranea nel suo corso, che necessita dello sguardo di ritorno del regista, dei suoi pressanti stimoli, della valorizzazione dell’unicità del singolo.

Come superare tali difficoltà?
Si può spezzare il percorso, strutturare lo schema individuando le parole chiave anziché procedere con la lettura didascalica dei fogliolini per ‘ velocizzare’ momentaneamente l’inserimento dei fogliolini sulla Lim, ponendo attenzione ad attivare nel contempo, alcuni residui motivazionali.
Certamente la scrittura collettiva, come vertice del percorso legato alla pedagogia dell’aderenza di don Milani, mostra nei preadolescenti quella mancanza di relazioni, di abitudini consolidate all’espressione e all’argomentazione con cui auspico che i bimbi siano guidati ed educati fin dalla scuola dell’infanzia. Occorre una pedagogia dell’aderenza che li educhi a vivere il gioco, l’aiuto e la collaborazione reciproca, a perseguire quelle abilità sociali che fin da piccolissimi riducono la competitività e fondano motivazione e curiosità, nell’ottica di un vero apprendimento, pertinente al cambiamento epocale che stiamo attraversando.
Molto utile strutturare lo schema logico attraverso parole-chiave: evita frantumazione e dispersione del pensiero, lanciando la sfida di un lavoro in piccoli gruppi che possano animare in seconda battuta la lezione, investendo i ragazzi del ruolo di registi. Particolarmente importante è raccogliere le sfide anche implicite e abbracciare i rischi che hanno il potere di rigenerare sia il percorso che il processo.
Vanno continuamente attivate e rinforzate tutte le soft skills e le abilità sociali di coesione del gruppo che impara a prendere decisioni, a gestire gli imprevisti fino a stimolare e contagiare la discussione, l’argomentazione, senza temere le contraddizioni. Ogni motivo occasionale che rimbalzi nel percorso, seppur contraddittorio ha bisogno di presenze adulte forti e temerarie: l’adolescente fragile,spavaldo, immaturo, è pieno di potenzialità che attendono di diventare luminose e pubbliche.
Non può esistere scrittura collettiva come vertice di un processo critico ampio e sapiente che non risulti il parto di un gruppo di ragazzi che fin da piccolissimi siano quotidianamente allenati a fare con, ad apprendere insieme, a decidere, a gestire in modo fecondo le relazioni tra pari, gli imprevisti sul cammino di ogni giorno, a non temere l’errore, a esercitare la propria responsabilità e iniziativa personale come rischi affascinanti della propria crescita. Solo un consolidato integrarsi di sguardi e saperi, prospettive e competenze sull’adolescenza, permettono di incontrare i germogli splendidi del neonato sociale.

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