Interessante e articolato lo scambio tra un gruppo di insegnanti della scuola secondaria appartenenti alla Rete Barbiana 2040, incontratisi pochi giorni fa per focalizzare online, il lavoro dei laboratori nelle classi.
Il denominatore comune che accomuna i nostri preadolescenti è la noia, quel tedio diffuso, repentino, insistente che come scelta d’inerzia accompagna normalmente e stabilmente ogni tipo di riflessione e che molto probabilmente suona come una litania che invoca di salvaguardare e alzare a tutti i costi l’asticella dell’interesse e della motivazione.
Si è discusso sulle strategie adatte per superare tale ostacolo, creando brevi interruzioni, evitando ogni forma di iperstimolazione nello svolgimento dei percorsi, nella comune convinzione che i ragazzi abbiano bisogno di tempo, di occasioni, di fasi, di passaggi evolutivi.
È vero che la scrittura e la riflessione non siano per tutti, così come non lo sono la matematica e l’ascolto. Non sarebbe poco se un laboratorio di idee come la scrittura collettiva che cerchiamo di realizzare nelle nostre classi, possa essere anche solamente il luogo privilegiato per offrire ai ragazzi l’esperienza del loro protagonismo nell’accostarsi ai saperi. Ci siamo ripetuti che occorrono emozioni di base per pensare e scrivere, per lasciar esplodere la consapevolezza di fronte alle cose.
Le ultime colleghe arrivate fra noi, sono rimaste lusingate dal miraggio di poter costruire una scuola al servizio della persona e sono desiderose di approfondire nella pratica didattica, quanto hanno sentito affiorare dalla nostra discussione. Il cuore del Manifesto del progetto Barbiana 2040 snocciolato nei suoi punti essenziali rappresenta un puntello significativo, utile a far scoccare scintille sulla sommità delle rocce che incontriamo come difficoltà, ogni giorno.
Investire sulla parola come personaggio, sull’ecologia del pensiero che non teme di raggiungere nei più segreti meandri quella parola o quel pensiero talvolta espresso implicitamente o sommessamente, fino ad abbracciare quel tempo skolè, dilatato, che procede lento ad innescare la motivazione e il gusto di comprendere, di investigare, di connettere le cose, restano capisaldi indiscutibili di un apprendimento facilitato e durevole. E ritorniamo così a quella aderenza alla realtà che fa di due rette sghembe come il pensiero e la parola, un unico fiume che scorre o gorgoglia, verso la sua foce.
Il malessere per esempio, potrebbe ricomporsi sollecitando i nostri studenti a mettersi in gioco con i loro progetti e i loro desideri.
È importante mettere in dialogo le ferite e le promesse, perché questo restituisce realtà, bisogno di umanità, e curiosità per l’umano. Il cuore di ogni educazione è percepire che i giovani sono storie da incontrare e l’esperienza delle ferite determina la percezione di sé. Il compito di un docente è quello di introdurre i propri studenti nella realtà sociale. Può essere errato ritenere che i ragazzi non debbano correre rischi, mentre occorrerebbe salire in cordata, scalare le montagne abbracciando la possibilità di sbagliare, insegnare ad accogliere il fallimento come possibilità reale di incontro con gli eventi della vita. Per questo come dice Massimo Recalcati: “Se il mondo è un luogo di una competizione selvaggia, della guerra, di una violenza indisciplinata, dell’annuncio di una catastrofe imminente, la vita tende a richiudersi. È una nuova forma di melanconia, di una rottura dei rapporti col mondo”.
Tale melanconia si veste talvolta di noia o di insicurezza. Nelle classi terze, per esempio, il percorso di orientamento e di scelta della scuola superiore, sta giungendo al suo compimento. Forse i ragazzi sono ancora incerti sui criteri di scelta da compiere, ma la dignità e il valore di ciascun alunno son fluiti come stile di un percorso e di un processo logico e critico durato un triennio, attraverso un ascolto paziente e minuzioso e un’attitudine a conoscere e ad apprendere, ricalcolando anche infinite volte- il percorso. Quale sarà l’opera d’arte che si sprigionerà dalla pietra viva e ancora informe, che abbiamo davanti?