Ero sulla piazza deserta del paese, con due dei miei cugini, ieri sera.
Una di quelle corte notti scure ma piene di stelle, in un remoto angolo di Francia lontano dall’inquinamento luminoso, e noi tre a ripensare alla nostra adolescenza trascorsa proprio su quella piazza del deserto. L’unico rumore di sottofondo era quello dell’acqua che scorre dalla fontana e non so più chi dei tre ha detto: “Non mi ricordavo più che suono avesse il silenzio”, ma ricordo distintamente che il mio primo commento è stato: “Stiamo invecchiando se tra i 25 e i 35 anni la prima cosa che ci viene da dire in una serata insieme è questa?”.
La nostra serata procede, ma a me è rimasta accesa una fiammella dentro, che spesso poi divampa in un incendio di domande.
In che mondo rumoroso stanno crescendo le nuove generazioni? Cosa portano tutti questi stimoli uditivi? Come si cresce? Cosa si capisce e come si ragiona? Cosa si prova?
Nella letteratura francese per definire un momento di silenzio si soleva scrivere “Un ange passe – un angelo passa”. Oggi invece è visto come qualcosa da riempire a tutti i costi, come ad evitare il riflesso di quello che ci portiamo dentro. Pensiamo anche ai social: a Facebook, dove prevalentemente si scrive e Instagram dove si comunicava per immagini mute, i giovanissimi iniziano a preferire il magma caotico di Tik Tok.
Chissà che voce hanno paura di sentire se tendono l’orecchio all’ascolto.
Io sono una professoressa di musica e nella mia disciplina è estremamente importante relazionarsi con il silenzio. Sembra paradossale, ma è una parte davvero fondamentale della musica. Senza la quale questa non avrebbe ragion d’essere. Anche secondo Maria Montessori, illustre pedagogista, il silenzio acquisiva un valore profondo e intrinseco all’essere umano.
Nel metodo Montessori, la “Lezione del silenzio” permette ai bambini di riequilibrarsi, poiché la loro mente è come una spugna assorbente che, in fase di crescita, vive il rumore come un ostacolo che rischia però di essere normalizzato e che quindi renda zoppicante l’incedere del loro sviluppo sensitivo e del loro benessere generale.
La lezione montessoriana è generalmente associata alla tenera infanzia e alle prime fasi dello sviluppo, ma quanto spesso viene dimenticato l’adolescente? Proprio lui che nel silenzio fatica a stare, e che prova a riempirlo perché ha tendenza a viverlo con imbarazzo o fastidio?
Questi due grandi assenti della nostra società: il silenzio e l’adolescente. Uno evitato a tutti i costi e uno invisibile. Di entrambi si ha tendenza ad avere una considerazione negativa: uno visto come una mancanza e l’altro come l’espressione di una fase piena di mancanze.
Nell’epoca di una conformità voluta, quasi forzata, mascherata da anticonformismo deambuliamo disarmonici. Il silenzio dev’essere pieno di significato per l’adolescente, non un momento vuoto e fine a sé stesso. Caricato invece di valore, manifesta la sua capacità di porsi in contatto intenso con ciò che lo circonda e con sé stesso. Armonia pura.
Ed ecco allora che parole di Antoine de Saint-Exupery, che amo e nel quale ritrovo una grande fonte di riflessione: “Anche la basilica più bella, se nessuno ne assapora il silenzio e non le dà un significato nell’intimo del cuore, non è più che un ammasso di pietre” mettono subito la bussola nella giusta direzione.