“Imparare a imparare”, i tre approcci che sfidano docenti e studenti

Dal 6 al 8 settembre si è svolto a Genova, all’Istituto Nautico della città, un convegno nazionale sulle nuove tecniche didattiche. Il Timone della nave ha unito e messo a confronto tre realtà complementari, tre modalità e approcci diversi per pensare alla scuola del futuro. Un futuro che nasce dal presente ben orchestrato dalla guida di Dirigenti scolastici come Maria Teresa Vacatello di Genova e Gianni Trezzi di Seregno che hanno creduto nell’incontro di tre diverse metodologie di approccio all’ apprendimento facilitato. Obiettivo, riaccendere la motivazione dei nostri giovani, nativi digitali e protagonisti della complessità del tempo che stiamo attraversando. La Rete Barbiana 2040 è stata invitata a dialogare con il movimento di Pratiche Dialogiche e con l’MNR, metodologia della narrazione e della riflessione.
Quali potrebbero essere i punti in comune e le divergenze, quali le consonanze e dissonanze che legano questi diversi modi di entrare in classe?
Il denominatore comune lega il bisogno degli studenti a quello degli insegnanti di “imparare ad imparare”, intercettando il cuore e la mente dei ragazzi, figli della svolta epocale presente nella loro difficoltà nel comprendere e nel narrare.Tutti gli approcci contribuiscono a rilanciare il pensiero e la parola, divenuti come due rette sghembe senza contatti e la postura dialogica attraversa di fatto tutte le metodologie come abbiamo sperimentato in plenaria e durante i laboratori.


Tre i punti in comune che ho ravvisato durante il lavoro insieme ai nuovi e vecchi colleghi dell’avventura pedagogico didattica:
1.la sospensione del giudizio durante i dialoghi
2.la necessità di impiegare antenne per catturare in classe quegli indizi utili alla ricezione della cultura informale e dei contesti di realtà veicolati dai nostri alunni
3. l’utilizzo di alcuni nuclei tematici come pretesto per avviare una discussione o un dibattito. Inoltre ho apprezzato la funzione delle pratiche dialogiche come frammenti semantici funzionali ai dialoghi socratici che utilizziamo all’interno della metodologia milaniana, come bozzetti fecondi e sorprendenti, propedeutici alla scrittura.
Anche la metodologia e la riflessione hanno rappresentato un utile significativo approccio alla costruzione del sé e del noi.
Sicuramente, la nostra navigazione in mare aperto suggerita anche dall’orizzonte percepito presente all’interno del nostro lavoro, ha evidenziato alcune divergenze tra i vari modi di operare. Mi riferisco alla preziosità del riconoscimento e della ricerca dell’”atteso imprevisto” che nel processo di costruzione ed elaborazione del laboratorio di scrittura collettiva coincide con quelle note inopportune o quei discordi accenti, lasciati alla libertà operativa del docente-regista.
Assecondare la ricerca dei ragazzi rappresenta una ricerca più scomoda, talvolta più ardua e ripida, ma molto più affascinante e intrigante.
Possiamo attraversare il mare aperto insieme ai nostri studenti, senza temere di compiere la traversata, in ottica olistica.

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