La nostra responsabilità
per la pace

Le aggressioni e i conflitti armati degli ultimi tempi possono avere, e stanno già avendo, effetti negativi devastanti. Non solo come catastrofe umanitaria nei luoghi in cui si verificano, ma anche – ed è questo che vorrei ora sottolineare – sul piano intellettuale mondiale. Si sta cioè, a livello culturale, rilegittimando la guerra come strumento possibile per risolvere le controversie internazionali; si stanno cancellando nel pensiero i fondamenti ideali dell’Onu (indebolendolo perciò sempre di più); si sta così, inevitabilmente, dando una lettura positiva della violenza come via della giustizia. Le conseguenze, già ora molto negative, saranno catastrofiche in avvenire. Se non ci opponiamo.
Da qui, a mio avviso, la necessità di una forte obiezione di coscienza di uomini e donne di cultura, di scienza, di scuola, che avvertono questi rischi e credono invece nella pace pacifica, non nella pace come risultato finale di una guerra.


Noi educatori e insegnanti siamo particolarmente interpellati. Anche qui, in Italia, dove sono state elaborate alcune tra le proposte più significative di edu­cazione alla pace con Maria Montessori, Aldo Capitini, don Milani.

Particolarmente attuale e centrale a me pare la riflessione di Maria Montessori (ma sostanzialmente analoga e convergente è anche quella di don Milani). Montessori, infatti, pone la questione della necessità di avere un esatto concetto di pace. Pace non è la cessazione della guerra, perché così intesa sarebbe in realtà il fine stesso di ogni guerra: «L’errore di chiamar pace il trionfo permanente delle finalità della guerra fa sì che non riconosciamo più la via della salvezza, quella che potrebbe condurci a raggiungere la vera pace. […] Bisogna, invece, chiarire la differenza profonda, l’opposto orientamento morale della guerra e della pace […]. La vera pace fa pensare al trionfo della giustizia e dell’amore tra gli uomini: fa pensare a un mondo migliore, ove regni l’armonia» (1).
A tale armonia, a tale unione pacificatrice si può giungere, secondo Montessori, in due modi: o evitando e risolvendo, senza violenza, i conflitti – e questa è l’opera della politica -, o costruendo, con uno sforzo prolungato, la pace, e questo è l’opera dell’educazione.


Ma soprattutto – e qui sta l’importanza cruciale di tale riflessione – Montessori indica quello che le appare una contraddizione di fondo: vi è stata un’evoluzione impressionante dell’ambiente sociale contemporaneo, con prodigiose conquiste tecniche, scientifiche e culturali, che hanno creato «un supermondo o, se vogliamo, una supernatura», un ambiente super-naturale, ma l’umanità non è pienamente consapevole del senso di tale trasformazione.
Si genera così uno squilibrio tra lo sviluppo dell’ambiente esterno, il progresso sul piano esteriore, super-naturale, e lo sviluppo spirituale dell’essere umano, il progresso sul piano interiore. Da una parte «tutto si evolve, tutto si trasforma, l’umanità produce tanto, troppo», «tutti gli uomini sono diventati più ricchi: direi quasi che soffrono per troppa ricchezza» (2).
Dall’altra, lo sviluppo morale e spirituale dell’umanità si è ben poco elevato rispetto ai tempi primitivi, la personalità umana si trova sostanzialmente nelle stesse condizioni del passato, quasi immutata psicologicamente nel carattere e nella mentalità, incapace di comprendere le responsabilità derivanti dai mezzi esterni, super-naturali, a sua disposizione.
Montessori indica, cioè, uno squilibrio che si è prodotto nel mondo contemporaneo e che può essere visto da due punti di vista: due facce della stessa medaglia. Il primo punto di vista è la constatazione di un grande progresso tecnologico a fronte di un lentissimo o inesistente progresso morale in grado di padroneggiarlo e di guidarlo in modo non autolesionistico e suicidario per l’umanità. Il secondo punto di vista è che l’umanità, proprio in forza di tale gigantesco sviluppo tecnologico, è ormai un’unica nazione unificata, ma permangono le logiche antiche e superate degli Stati, ormai disfunzionali, logiche che sono divisive e fondate sulla guerra. Tale duplice squilibrio è il problema centrale, anche per l’educazione, oggi.


L’educazione corrente – familiare o scolastica – spesso non fa altro che far crescere la desertificazione egoistica, nel contesto tecnico-meccanico, super-naturale, contemporaneo, pur ricco di potenzialità. Mentre invece, con una forte carica etica (“tabuizzando” la violenza, l’egoismo e l’odio fratricida), l’educazione dovrebbe aiutare lo sviluppo tanto dell’individualità quanto della società. Educazione alla pace, pertanto, non significa mera istruzione sulla pace, ma innovazione – spirituale e perciò intrinsecamente fraterno-pacificatrice – dell’educazione stessa: “Un’educazione capace di salvare l’umanità richiede non poco: essa include lo sviluppo spirituale dell’uomo, la sua valorizzazione, e la preparazione del giovane a comprendere i suoi tempi. Il segreto sta qui: nella possibilità per l’uomo di divenire il dominatore dell’ambiente meccanico da cui oggi è oppresso. […] Occorre organizzare la pace, preparandola scientificamente attraverso l’educazione. L’educazione addita una nuova terra da conquistare: e questa terra altro non è che il mondo dello spirito umano” (3).

Oggi siamo, in effetti, in quella che Maria Montessori chiamava Super-natura che è sia la struttura tecnologica, avanzata e complessa, del nostro vivere quotidiano, sia lo sviluppo di armamenti distruttivi ad alto contenuto tecnologico, sia il metaverso come doppio universo animato dall’Intelligenza Artificiale. E l’Intelligenza Artificiale può certo muovere tutta la Super-natura per combattere nel modo più efficiente e distruttivo una guerra globale, ma non può costruire un mondo pacificato, una civiltà di pace per tutti i popoli.
Per questo ci vuole l’Intelligenza, umana, umanizzata e umanistica, capace cioè di pietà e di buona volontà, di razionalità mediatrice, di sentimenti giusti e di riconoscimento dell’umano comune. Ce ne rendiamo conto proprio davanti agli scenari tragici di guerra che, ancora in queste ore, sono davanti ai nostri occhi, per i quali sembriamo chiusi in tanti vicoli ciechi, incapaci di sollevarci ad una visione che disinneschi le logiche distruttive con i loro automatismi bellici.
Al di là della costruzione istituzionale, con le sue debolezze, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, noi siamo comunque – come ben vedeva Montessori – un’unica Nazione umana in una fragile biosfera. Così la montessoriana prospettiva universale e cosmica di pace può essere ancora, per noi, anche o soprattutto sul piano pedagogico, richiamo alla responsabilità e appello, realistico e lucido, senza facili ottimismi ma senza paralizzanti scoramenti, all’impegno per la fraternità umana e per la pace.
Questa è oggi la nostra responsabilità di uomini e donne di scuola.

Note:
(1) Maria Montessori, Educazione e pace, Edizioni Opera Nazionale Montessori, Roma, 2004 (prima edizione 1949)

(2) Ibidem
(3) Ibidem

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