Descrivere quello che succede in una classe, le emozioni che si provano quando si è davanti a dei bambini che con la loro curiosità cercano di farsi spazio nel mondo non è una cosa semplice. Raccontare il lavoro che un insegnante pensa per la propria classe e quanta dedizione mette per accendere la motivazione dei propri alunni non è cosa facile.
Ma partiamo dall’inizio!
Ci troviamo nel 2019 con due classi prime… Inizia un percorso per loro e per noi. È tutto un fermento: le classi prime sono impegnative, i bambini devono acquisire la strumentalità di base del leggere e dello scrivere. Tutte siamo consapevoli che ogni bambino si porta dietro il suo bagaglio di esperienze diverse. C’è chi parte avvantaggiato e chi no, c’è chi non ha frequentato la scuola dell’infanzia, chi arriva dal Marocco, chi dal campo rom.
Ci mettiamo subito all’opera, attente al contesto di realtà, alle circostanze che i nostri alunni vivono, al loro tempo sempre più virtuale, all’energia che sprigionano a livello personale e di gruppo, alle loro relazioni, convinte che “non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali”, come scriveva don Lorenzo Milani in Lettera a una professoressa. L’aderenza alla realtà ci guida nell’interazione con il loro mondo, proietta i bambini verso un apprendimento motivato e motivante, collaborativo e schietto, senza differenze.
L’aderenza alla realtà
Nell’aderenza alla realtà l’insegnante trova la via per comunicare con i suoi alunni, per osservarli e tracciare con loro il percorso verso la motivazione, per renderli interpreti e protagonisti della loro esistenza.
Tutto questo però si interrompe a marzo 2020 con l’inizio della pandemia. Ci troviamo davanti a un virus piccolissimo che sta stravolgendo le nostre vite. Ci sentiamo improvvisamente spiazzate e allo stesso tempo coscienti che nulla sarà più uguale a prima, dai rapporti, alla natura, al concetto di tempo e di spazi che si rimpiccioliscono.
I nostri alunni ora sono lì dietro uno schermo: la tecnologia digitale prende piede e diventa strumento in grado di farci sentire in relazione con gli altri, sempre connessi, ci ha fatto entrare nelle case dei nostri alunni, i genitori sono diventati co-maestri.
Per fortuna nel nostro territorio le conseguenze della pandemia non sono così eclatanti come nel nord Italia ma la paura è tanta.
Ripartire dal progettare
Ritornare a scuola a settembre è stata un’avventura: i nostri alunni ormai frequentano la seconda ma si sono fermati in prima! La mascherina, il distanziamento, le regole rigide non aiutano. Ci troviamo di nuovo al punto di partenza. Ricostruire il gruppo classe, partendo dalle abilità sociali, per sancire regole comuni e condivise. Ripartiamo con le progettazioni interdisciplinari, individuando le competenze che si legano agli obiettivi curriculari e non ai libri di testo (che noi non abbiamo) ma proprio perché qualcosa si è rotto, è difficile catturare la loro attenzione, si verificano atteggiamenti oppositivi soprattutto verso la lettura e la scrittura.
L’interesse è catturato da altro… in alcuni la tecnologia ha il sopravvento. All’improvviso il punto di vista cambia, ci sono nuove forme di relazione si naviga non più sui temi e sulla parola ma su sul silenzio e la solitudine. Sono bambini ma alcune cose ci preoccupano.
Oggi, dopo la pandemia e la Dad, a qualsiasi età i bambini vengono messi davanti a un cellulare, un tablet un computer senza la presenza di un adulto. Sono “nativi digitali” ci dicono… ma siamo passati dalla Tv cattiva maestra alle babysitter multimediali!
Le criticità da affrontare
Ci rendiamo conto che le conseguenze sono pesanti: l’irrequietezza, la scarsa o non prolungata concentrazione, la frettolosità, i movimenti accelerati, i conflitti relazionali, l’anticipazione di dinamiche affettive, il rifiuto verso la scuola, il pensiero, la parola e la scrittura sono solo alcuni. Ci chiediamo cosa fare, come intervenire.
Decidiamo così di intraprendere il percorso del laboratorio di scrittura collettiva che in quanto “umile tecnica” come la definiva don Milani ruota intorno alla PAROLA, quella pensata, ripensata… la Parola che fa interagire gli alunni, anche quelli più silenziosi, che risveglia le coscienze e diventa generatrice di identità.
I libri di testo li scriviamo noi
La nostra esperienza didattica, non legata ai libri di testo e alla lezione frontale, risulta molto facilitata e più efficace dal punto di vista dei traguardi di apprendimento da raggiungere. Con la scrittura collettiva la parola è diventata coerenza, approfondimento, pensiero critico.
La scrittura collettiva non è una semplice tecnica ma un modo di essere, uno spazio dove gli apprendimenti prendono forma intrecciandosi nei contesti disciplinari e sociali. Attraverso la condivisione, l’aiuto reciproco opposto alla competizione individualistica, la scuola può diventare luogo di apprendimento, di riflessione , di relazione, di tempo lento liberato dalla fretta e dal nozionismo, dai contenuti sterili e fuorvianti.
Da insegnanti abbiamo il compito di creare in classe un clima dialogante, di confronto e di collaborazione…da insegnanti possiamo scegliere di lavorare su tematiche sulle quali fondare e sviluppare i processi educativi al posto della programmazione per obiettivi… da insegnanti dobbiamo interpretare il metodo seguendo quanto ci ha detto don Milani “Non ho bisogno di lasciare un testamento con le mie ultime volontà perché tutti sapete cosa vi ho raccontato sempre: fate scuola, fate scuola, ma non come me, fatela come vi richiederanno le circostanze».
Saranno ora i nostri alunni che prenderanno la parola e spiegheranno come si lavora nelle nostre classi…