La scuola fa fatica a colmare lo spazio fra cultura formale e interessi dei ragazzi

Quante ore dedichi ogni giorno all’ascolto della musica? Da 30 minuti a 5 ore. E quante ore dedichi alla lettura ogni giorno? Da 30 minuti fino a 4 ore, la metà si ferma a una-due ore. Preferisci leggere online? Un ragazzo ha dichiarato di non leggere molto e il 70% legge libri cartacei. Nove ragazzi su dieci guardano film in streaming.
Ancora qualche passaggio interessante: la tecnologia può influenzare i consumi culturali e le scelte culturali? Il 46,2% dice di sì, il 15,4% dice di no. Per scoprire poi che il 78,6% utilizza risorse online come Wikipedia e YouTube. Infine: il 92,3% è supportato dalla famiglia nei propri interessi culturali, ma poi l’85,7% condivide i propri interessi con gli amici.
L’affondo finale: quanto tempo dedichi allo studio della matematica ogni giorno? Le risposte vanno dalle 2 ore a settimana a 1 ora al giorno. E la strategia più utilizzata per studiarla è seguire lezioni su YouYube.
Questo è una parte del quadro di partenza. Cultura formale e cultura informale. Sono e restano i due poli estremi e problematici dentro cui trova posto una ampia scala di valori dei giovani di oggi, sempre più specchio del loro consumo culturale quasi mai filtrato, in particolare, dalla relazione con la scuola.  Non solo: proprio il consumo culturale degli adolescenti, la ricerca di prodotti, spettacoli, musica ed eventi, sebbene in crescita e diversificato grazie alle nuove tecnologie, non sembra ancora pienamente integrato nel percorso educativo formale. La scuola, cioè, sta facendo ancora molta fatica a colmare il divario tra il mondo dell’istruzione e gli interessi informali dei ragazzi. Il risultato è che molti studenti continuano a manifestare fragilità nelle competenze di base, a cominciare dalle abilità trasversali.

Si tratta di un consumo che ha come riferimento e che si espande in misura sempre maggiore proprio perché questi giovani rappresentano quella digit generation (la generazione del dito e del pollice) che grazie (o a causa) dell’uso di internet e delle nuove tecnologie, sta rivelando una serie di problematiche che influenzano anche i loro esiti scolastici. La fotografia completa è stata presentata da Sebastiana Fisicaro, docente e esperta nella formazione di docenti e dirigenti, durante i lavori del IX seminario “I dati del e per il sistema educativo: strumenti per la ricerca e didattica” di presentazione degli ultimi risultati Invalsi. E il fatto più evidente è stato il significativo divario tra l’educazione formale offerta dalla scuola e quella informale che i giovani acquisiscono nel loro tempo libero. Un tempo libero completamente autogestito. Soprattutto nella sua dimensione digitale. Agli occhi degli adulti, di solito, la generazione dei nativi digitali oscilla fra l’entusiasmo per la loro apparente “innata” capacità d’uso delle nuove tecnologie e la paura per i rischi in cui possono imbattersi online. Un atteggiamento però che diventa subito dopo paura o ottimismo perché fondati proprio su una scarsa conoscenza di ciò che i ragazzi fanno online. Non è così vero che sono così abili. E non è così vero che sappiano evitare i pericoli.
Accesso e utilizzo, alfabetizzazione digitale, opportunità e rischi della rete sono il risultato del contesto socio-culturale in cui si pratica l’esperienza online dei ragazzi: la famiglia, il gruppo degli amici, la scuola. Tre contesti, però, quasi mai equipaggiati adeguatamente sia ai rischi sia alle opportunità.

È una sfida importante che l’analisi dei dati e dei risultati della ricerca portano subito a una traiettoria per affrontarla. Sarà necessario – è l’indicazione che emerge – un “ripensamento delle strategie educative, che dovranno tenere conto delle nuove dinamiche culturali e tecnologiche, integrando in modo più efficace l’educazione formale con le esperienze culturali informali”. Solo in questo modo sarà possibile ridurre il rischio di dispersione scolastica e migliorare i risultati degli studenti, offrendo loro strumenti più adeguati per navigare nel complesso ecosistema culturale e tecnologico in cui sono immersi”.
Dal tempo libero al tempo della scuola, l’indagine è quindi categorica. Le risorse digitali, sebbene ampiamente utilizzate, è la denuncia, non sempre vengono impiegate in modo efficace per supportare lo studio. E la deriva di questo utilizzo si trasforma in una forte dipendenza da attività di gioco, come la musica e i social media, e naturalmente “spesso o quasi mai prive di una finalità educativa chiara”.
Al centro del lavoro di ricerca il consumo culturale degli adolescenti alimentato in gran parte dalle nuove tecnologie digitali (il campione sondato non era particolarmente ampio, diviso in tre sotto-campioni, di 99 adolescenti, di età tra i 15 e i 18 anni ma i risultati sono risultati approfonditi e rappresentativi di quell’universo di popolazione, i giovani). Un fenomeno che sempre più solleva una serie di interrogativi. In particolare in relazione al suo impatto sull’apprendimento scolastico. Tre problematiche principali, quindi, emergono dall’analisi dei dati. Il divario crescente tra educazione formale e informale, l’uso non sempre consapevole e proficuo delle risorse digitali, e l’eccessiva concentrazione su attività culturali di svago, come la musica e i social media. Che però non sembrano tradursi in un effettivo miglioramento delle competenze scolastiche. Anzi, la ricerca mette in luce questa contraddizione. Nonostante l’ampio utilizzo di internet e delle risorse digitali, le fragilità scolastiche persistano, soprattutto in ambiti fondamentali come la matematica, e come l’istruzione formale sia percepita sempre più distante dagli interessi dei ragazzi.


Un affondo dentro ai dati della ricerca dall’analisi dei tre sotto-campioni di studenti, suddivisi per età e livelli di fragilità scolastica: il primo gruppo, ragazzi tra i 15 e i 16 anni, rivela che il 90% di loro utilizza internet regolarmente. Tuttavia, l’uso principale che ne fanno è orientato allo svago: il 78,6% ascolta musica online, mentre il 90% guarda film in streaming. La lettura, sebbene ancora praticata per la maggior parte su libri cartacei (il 70% dichiara di preferire i libri fisici agli e-book), è un’attività limitata a brevi periodi giornalieri: solo il 50% degli studenti dedica tra una e due ore alla lettura ogni giorno.
Sul fronte scolastico, emergono dati piuttosto preoccupanti. Nonostante il 100% degli studenti del primo sotto-campione utilizzi risorse online per i propri studi, la matematica continua a rappresentare una materia di scarso interesse: solo il 42,9% degli intervistati mostra curiosità verso questa disciplina, mentre il 50% dichiara di non utilizzare risorse digitali per approfondire le proprie conoscenze matematiche. Il riscontro si ha direttamente nei risultati delle prove standardizzate. Sebbene il 60% degli studenti non sia considerato a rischio fragilità, resta una significativa porzione di ragazzi che mostra difficoltà nel raggiungere risultati soddisfacenti.
Nel secondo sotto-campione, studenti tra i 17 e i 18 anni, il quadro si fa ancora più allarmante. I risultati scolastici sono nettamente inferiori rispetto al gruppo più giovane, con il 90% degli studenti a rischio fragilità sia in italiano sia  in matematica. Anche in questo caso, l’uso delle risorse digitali appare diffuso, ma scarsamente orientato verso il miglioramento delle competenze scolastiche. Se il 66,7% degli studenti utilizza strumenti online per studiare, solo l’1% mostra un reale interesse per la matematica, e la maggior parte dei giovani preferisce ricorrere a tutorial su Youtube o a brevi appunti per prepararsi agli esami, meglio che dedicarsi a uno studio più approfondito.
Ma c’è un risvolto forse anche preoccupante di questo atteggiamento, se letto in chiave di partecipazione alle relazioni sociali: solo un ragazzo su due a partecipa a eventi. Solo il 50% degli studenti ha preso parte a eventi culturali negli ultimi sei mesi. Mentre gran parte del loro tempo libero è dedicato a piattaforme come TikTok, Spotify e Instagram. L’altra faccia della stessa medaglia: la percezione della scuola come istituzione distante dai propri interessi culturali è diffusa. Un’ampia fetta di studenti desidererebbe cambiare il curriculum scolastico e i metodi didattici, trovandoli poco motivanti e non in linea con le loro passioni personali.


Il terzo sotto-campione, composto principalmente da ragazze (66,7%), offre uno spaccato altrettanto significativo. Anche qui, l’uso delle tecnologie digitali è pervasivo: il 90% degli studenti dichiara di guardare film in streaming regolarmente, e molti di loro dedicano da una a sette ore al giorno all’ascolto della musica online. Tuttavia, la lettura risulta un’attività poco praticata. Il 50% dichiara di non leggere affatto. Ciononostante, questo gruppo mostra una maggiore partecipazione a eventi culturali rispetto ai precedenti: l’86,7% ha partecipato ad almeno un evento negli ultimi sei mesi. Almeno un dato incoraggiante.
Di contro anche in questo caso, i risultati scolastici in matematica restano insoddisfacenti: solo il 33,3% degli studenti utilizza risorse online per lo studio della materia, e una buona parte preferisce ancora affidarsi agli appunti e alle spiegazioni dell’insegnante. Strano visto che almeno uno su re poi si impegna in competizioni o gare matematiche.
Il quadro è quindi presto tracciato. E la ricerca mostra come, nonostante l’accesso a una vasta gamma di risorse culturali sia ormai a disposizione e facilmente fruibile, gli adolescenti non riescano sempre a tradurre queste esperienze in un miglioramento delle competenze scolastiche. Un esempio: l’utilizzo di internet. Il 90% degli adolescenti usa regolarmente motori di ricerca, ma solo una piccola percentuale lo fa per scopi educativi. La maggior parte di loro sfrutta internet per scaricare materiale o ascoltare musica, mentre l’uso di risorse digitali come blog o siti web è meno comune. Andando oltre la riflessione secondo cui gli studenti che utilizzano regolarmente risorse online sviluppano una maggiore competenza digitale e una conoscenza culturale più ampia, con effetti positivi sui loro esiti scolastici, il dato vero che emerge dalla ricerca è che il “potenziale educativo della tecnologia rimane in gran parte inesplorato, con una netta separazione tra le attività di svago e quelle di apprendimento”.

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