«Ci sarà un giorno una Giornata mondiale per i bambini?». La domanda, riferita da Vatican News il 2 febbraio 2024, è stata rivolta al Papa proprio da un bambino, Alessandro di 9 anni, facendosi spazio tra alcuni giovani in dialogo con Papa Francesco alla vigilia della scorsa Giornata Mondiale della Gioventù.
«Sarebbe bello, mi piacerebbe tanto», aveva commentato il Papa trovando nelle parole del fanciullo una buona idea. «Ci penserò e vedrò come farla», soggiunse.
La sua risposta non si è fatta attendere molto… infatti Francesco ha incontrato oltre settemila fanciulli di tutto il mondo lo scorso 6 novembre all’iniziativa Impariamo dai bambini e dalle bambine e un mese dopo, l’8 dicembre, ha annunciato per il prossimo 25 e 26 maggio, la celebrazione della prima Giornata mondiale dei bambini (qui per ulteriori approfondimenti si può consultare qui.
Se per qualcuno appare come un’ulteriore giornata mondiale da inserire nel denso calendario annuale, per chi vuole cogliere in profondità l’essenza della proposta, potrebbe diventare l’occasione per raccogliere i valori umani che ogni piccolo e piccola desidera porgere all’adulto, aprendogli una strada che lo porta alla realizzazione di sé nell’incontro quotidiano con l’altro. Saranno loro, i volti che incontriamo ogni giorno tra le mura scolastiche, i protagonisti di questa meravigliosa iniziativa che invita a guardare i loro occhi trasparenti e spalancati, riconoscendo «una sorgente il cui getto vivace rinfresca di speranza la terra e la Chiesa» (card. Tolentino Lettera ai vescovi in occasione della Giornata Mondiale).
Solo questa citazione basterebbe per aprire una riflessione infinità su chi sono i bambini e le bambine dei giorni nostri: non sono destinatari di saperi ma sono anzitutto i mittenti della speranza che sgorga dalla loro innata capacità di meravigliarsi e di gioire!
Quanti volti tristi di adulti incontriamo ogni giorno camminando tra le vie delle nostre città e dei nostri paesi: ognuno con le sue preoccupazioni, ognuno con le proprie ansie, ognuno con i propri timori… Forse saranno tutte motivazioni giuste ma non di certo giustificabili, in particolare rispetto a certe azioni, gesti o parole che rimangono impressi nella storia di chi “dal basso” ci guarda e ci ascolta. Quando senti una voce da lontano che non si preoccupa del suono che genera, dell’indifferenza di chi sta per incontrare, della chiusura che sta per essere infranta, della curiosità che sta per coinvolgere, della creatività che sta per chiedere una mano: questa è la voce di un bambino o di una bambina. Sovente, come ci ricorda padre Enzo Fortunato, coordinatore dell’evento, sentiamo notizie di piccoli il cui futuro viene amputato poiché «strumentalizzati, usati, feriti, indottrinati alla violenza, privati del cibo»: a loro «non consegniamo un pezzo di pane ma un’arma, il verbo non dell’amare ma dell’odio».
Alla luce di questo vorrei condividere tre brevi riflessioni, che potrebbero essere la prima luce in grado di illuminare l’aula che ogni giorno abitiamo.
Anzitutto, chi presta il proprio servizio tra i più piccoli, sa bene che la loro principale caratteristica è la “dirompente novità”: non a caso il tema scelto per il prossimo 26 maggio è Ecco io faccio nuove tutte le cose. Questa forza, paragonabile a un seme che germoglia tra la fenditura di una roccia, ci ricorda che siamo chiamati a collaborare nella continua creazione del mondo accogliendo le novità che si presentano sulla nostra strada nel contesto in cui ci troviamo: una creazione che non è terminata quando un soffio ha dato vita all’uomo e alla donna, bensì continua attraverso il quotidiano e silenzioso lavoro, anche della più piccola creatura presenta sulla terra.
In secondo luogo i bambini sono esemplari “mediatori di gioia” che scaturisce dal sentirsi figli amati e accolti. In questa prima occasione a livello mondiale, la Chiesa vuole riconoscersi madre e al tempo stesso figlia perché solo nella relazione, l’amore porta a compimento ciò che ha nel suo profondo, realizzando in pienezza la propria identità: «Ci ricordate che siamo tutti figli e fratelli, e che nessuno può esistere senza qualcuno che lo metta al mondo, né crescere senza avere altri a cui donare amore e da cui ricevere amore» (Fratelli tutti, 95). In un tempo di nichilismo, di eccessivo pessimismo storico, di continui bombardamenti verso la dignità umana come quelli che viviamo noi oggi, i bambini sono portatori di una fede, di una fiducia concreta e radicata nell’umanità. Infatti, «da soli non si può neppure essere felici, perché la gioia cresce nella misura in cui la si condivide: nasce con la gratitudine per i doni che abbiamo ricevuto e che a nostra volta condividiamo agli altri. Quando quello che abbiamo ricevuto lo teniamo solo per noi, o addirittura facciamo i capricci per avere questo o quel regalo, in realtà ci dimentichiamo che il dono più grande siamo noi stessi, gli uni per gli altri. […] Gli altri doni servono, sì, ma solo per stare insieme. Se non li usiamo per questo, saremo sempre insoddisfatti e non ci basteranno mai». (Papa Francesco, Messaggio per la giornata mondiale dei bambini, 2 marzo 2024).
In terzo luogo la parola dei bambini e delle bambine è un controcanto di speranza chiaro e impossibile da silenziare. «L’istituzione di una Giornata mondiale dei bambini, è un evento di portata mondiale, non solo per la storia della Chiesa, ma per l’umanità» – ha dichiarato il coordinatore dell’evento – «Un controcanto di speranza, un segnale ai signori della guerra. Vogliamo guardare il mondo con gli occhi dei bambini che sono la speranza dei popoli, il loro futuro. La semplicità del loro cuore è un dono di Dio e, per chi sappia accoglierlo, la possibilità della pace».
Dobbiamo quindi ripartire da loro e dalla straordinaria forza insita nel cuore di ciascuno, di creare unità, laddove noi adulti tendiamo a isolare, e di condivisione laddove noi adulti tendiamo a creare divisione. Solo così possiamo continuare a scrivere pagine belle nella storia dell’umanità, poiché è solo la bellezza che attrae e invita a risplendere della sua luce: impariamo a camminare, non sopra di loro per dominarli, né sotto di loro per assecondarli, ma al loro fianco per accompagnarli e incamminarci verso il loro e nostro futuro.
«Sono i bambini – ricorda padre Fortunato – che possono rieducare il mondo degli adulti, ma direi anche a ricompattarlo». Il mondo si trasforma prima di tutto attraverso le cose piccole, senza vergognarsi di fare solo piccoli passi: anzi, la nostra piccolezza ci ricorda che siamo fragili e che abbiamo bisogno gli uni degli altri, come membra di un unico corpo (cfr. Rm 12,5; 1 Cor 12,26).