Nelle scorse settimane ho intrapreso il percorso di formazione, proposto da Scuola Futura, Come attualizzare la scrittura collettiva nella scuola di oggi condotto con estrema competenza, professionalità e umanità da Arianna Gelfi. Sono ormai tre anni che insegno all’Istituto Comprensivo di Sorisole e, onestamente, ogni anno mi sento sempre più attratto e coinvolto da questa tecnica: nel suo silenzioso e umile modo di operare, attira sempre l’attenzione e lo sguardo di chi passa tra i corridoi e invita a fermarsi e lasciarsi meravigliare dalla creatività che questo percorso genera, sia negli alunni sia nei docenti.
Un giorno, tra questi sguardi, ha trovato posto anche il mio… È molto cara la figura di don Lorenzo Milani non solo per questioni di insegnamento (essendo docente di I.R.C.) ma anzitutto per lo stile di uomo che ha saputo coniugare in modo esemplare e semplice la sua missione di sacerdote a servizio degli ultimi. «È donando che si riceve» diceva san Francesco d’Assisi e per don Lorenzo è diventato un programma di vita: ebbene, nel percorso di scrittura collettiva vissuto mi sono reso nuovamente conto di quanto queste poche parole sono vere e possono favorire la crescita di una comunità scolastica capace di accompagnare verso il futuro coloro che gli sono affidati e con loro assaporare la fatica e la soddisfazione del cammino.
Interessante e molto competente è stata la ricostruzione della sua vita durante il primo incontro, ma inconsapevolmente è stato l’inizio del percorso immersivo di scrittura collettiva pensato per noi. Meraviglioso questo elemento inatteso: i miei personali appunti, non sono più rimasti “miei” ma si sono aperti e sono diventati “nostri”. Così, passo dopo passo, è nato il testo finale che abbiamo cercato con soddisfazione di elaborare!
Tutto ciò, mi ha spronato nel tentativo di un percorso simile, a partire dalle parole del monologo di Roberto Benigni durante la Giornata mondiale dei Bambini (maggio 2024): qualche timore l’avevo, ma l’entusiasmo dei miei alunni e alunne ha aperto la strada.
È bastato lanciare una piccola e semplice parola che subito tutti, nessuno escluso, si sono messi in gioco e come una grande orchestra hanno preso in mano i loro strumenti, ovvero le loro capacità e le loro qualità, dando forma a una melodia originale, unica e irripetibile.
Grazie alla Rete Barbiana 2040 ho potuto poi condividere il risultato del percorso. Questo tentativo mi ha riportato al valore per cui è nata la scuola di Barbiana: valorizzare la realtà (pedagogia dell’aderenza) partendo da quello si ha e si sa, per poi, insieme, salire per cresce attraverso l’ascensore della cultura.
Sono convinto che questa umile tecnica, possa favorire la crescita umana e professionale di ogni compente delle comunità scolastica; in particolare nell’insegnamento di I.R.C., cercherò insieme agli alunni che mi verranno affidati di scoprire con loro il passato per aprire il nostro futuro certo che ogni contributo è importante e per questo deve essere valorizzato: che bello vedere come nella scrittura collettiva tutto trova, attraverso un processo condiviso, un posto di valore senza mai essere scartato. Questa scuola è degna del nome “scuola dell’inclusione”, dove ciascuno non scopre i limiti dovuti alle eventuali problematiche, e semplicemente impara a gestirli ma scopre i talenti che lo portano sempre in alto e lo rendono unico e prezioso per quello che è nei confronti dell’altro. Nello stesso tempo chi è al suo fianco impara a relazionarsi, confrontarsi e crescere grazie alla sguardo altrui: potremmo chiamarla auto-formazione, auto-apprendimento ovvero un cammino verso l’autonomia.
In questa avventura ho nuovamente scoperto come fondamentali siano due parole: tempo e pazienza. “Tempo” perché la scrittura collettiva non è una “cosa veloce”, un’attività da liquidare in tempi brevi, ma il tempo lo gestisce lei e nel realizzarsi mostra il tempo necessario. Oggi siamo abituati a correre e le nuove generazioni questa caratteristica la porta dentro: nel mettere in pratica la scrittura collettiva impariamo da soli che ogni cosa ha il suo tempo: toglierlo significa violentare la sua stessa natura. La seconda parola che di fatto è prefigurata già nella prima è esattamente la “Pazienza”. Nel correre della società, chi attende è considerato immobile e perso; invece chi ha il coraggio di pazientare può cogliere il contributo proveniente da chi lo circonda, il quale a suo volta genera nuove riflessioni: «pazienta perché un giorno scoprirai che ognuno è depositario di un frammento di verità». (Papa Francesco, Udienza generale, 20 settembre 2017). Chi decide di tuffarsi nel percorso di scrittura collettiva non può fare a meno di incontrare questi due verbi che, come registi, ti conducono passo dopo passo con soddisfazione al prodotto finale, opera delle mani di ciascuno.
Un giorno, durante un convegno, ho sentito questa frase: «ascoltare sempre gli alunni in quello che dicono e pure di quello che non dicono». Grazie alla scrittura collettiva si crea un clima in cui tutte le persone coinvolte sono come piccole gemme, forse timorose nel germogliare all’esterno di ambienti famigliari, per il continuo soffiare di venti freddi ma cariche di un’energia che solo il calore del sole, della Verità, della comunità, è capace di avvolgere nel suo splendore e far nascere. Da questo silenzioso ascolto, dalle caratteristiche invernali in quanto opera nel nascondimento, nasce un dialogo profumato dai mille colori della primavera; solo così dalla meraviglia nasce lo stupore aprendo ciascuno all’esperienza di eternità: per questo la virtù della speranza non va smorzata, come del resto ci testimonia l’esperienza pastorale di don Lorenzo Milani, e nella scrittura del testo collettivo siamo «chiamati a seminare la speranza per costruire la pace» (Papa Francesco, Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni 2024).