Si può fare scrittura collettiva anche a teatro. O facendo teatro. Adottando quei criteri del “teatro di comunità” o del “teatro sociale”, che mettono in relazione e coinvolgono, trascinandolo dentro la scena, anche il proprio pubblico, coloro che si ha davanti. La sifa non è così facile.
Ci è riuscita con molto successo Viviana, la voce narrante e attrice protagonista dello spettacolo dedicato a ripercorrere la figura di don Lorenzo Milani, il priore e maestro della scuola di Barbiana. Sugli spalti della palestra della scuola di Ponteranica, IC di Sorisole, dedicata proprio a don Lorenzo Milani, oltre 200 studenti delle scuole medie hanno prima ascoltato e poi sono diventati parte della sceneggiatura e, in parte, anche della scenografia della recita. Uno spettacolo, anche solo per via del pubblico.
Ma il vero spettacolo, quello messo in scena dalla compagnia Teatro Caverna di Bergamo, è andato oltre la canonica dimensione della recita. È andato molto vicino alla rappresentazione e ricostruzione di un documentario storico, tanti erano i riferimenti, le documentazioni e le voci reali fatte ascoltare. Hanno costituito la struttura di fondo della narrazione teatrale. Si è ascoltato, si è intervenuti, si è discusso e confrontati. L’evento era centrato sul priore di Barbiana, sul suo modo di fare scuola e di relazionarsi con i suoi ragazzi. Ma soprattutto la sfida in gioco era far arrivare il messaggio centrale della scuola di don MIlani: la portata della parola. Quella “Parola che fa eguali”, il titolo della recita, senza la quale “nessuno di noi, nessuno di voi ragazzi, può diventare cittadino sovrano”.
Documentazione, voci di testimonianze, libri e oggetti, viaggi: sono stati tutti questi gli elementi alla base della ricostruzione e della costruzione del teatro andato in scena: Viviana e Damiano sono stati a Barbiana, hanno visitato la scuola di don Milani, sono stati sulla tomba del priore, nel piccolo cimitero di montagna, hanno incontrato uno dei personaggi-testimone più autorevoli a parlare della didattica di don Milani, Adele Corradi, lei stessa professoressa a Barbiana.
Hanno raccontato tutto con il teatro, con estrema coerenza e determinante precisione: Viviana sul palco, Damiano da regista.
Alla fine, tutto questo, ha dato un frutto esaltante lungo il percoso della narrazione. Si è trasformato in un “esperimento di scrittura collettiva” che ha permesso a ciascuno studente di fissare sul proprio fogliolino, strumento base dell’umile tecnica della scrittura collettiva di don Milani, un proprio pensiero, una propria riflessione sulla scuola di oggi, sul senso della scuola che si vive ogni giorno, sulle proprie aspettative da ogni ora in classe.
I fogliolini raccolti hanno riempito due ampi cesti di pensieri (e qualche insulto, ammessi) con frasi di Mattia, Agostino, Ludovica, Roberto… Tutti hanno tenuto lo stesso incipit di Lettera a una professoressa: “Cara signora, le tue verifiche non servono a nulla. E in più i genitori poi ci sgridano anche”; “Cara signora, ci vorrebbe più rispetto fra noi compagni”; “Cara signora, voi insegnanti non siete bravi a spiegare, ci dovete insegnare a stare nel mondo”; “Cara signora, insegnare è darsi in pasto e non avere paura”; “Cara scuola, io ci credo perché aiuta a costruire amicizie”…
Due cesti di fogliolini, di pensieri che riletti, messi in ordine, condivisi e trascritti su una lavagna improvvisata hanno costruito un primo paragrafo di una potenziale e possibile nuova Lettera a una professoressa dei giorni nostri. Si sarebbe voluto partire da una suggestione data dalla lettura del giornale di quel giorno, coma faceva rigorosamente ogni pomeriggio don Milani con i suoi ragazzi. “Non chiamerei cittadino sovrano – rimarcava il priore – chi non è in grado di apprendere, di capire appieno la prima pagine di un giornale”. Così rimarcava, come monito per una conoscenza più profonda: “Ricordate che ogni parola che non imparate oggi, è un calcio in culo che prenderete domani” ha ricordato Viviana attraverso le parole del priore. Leggere, capire e educare alla critica. Perché è “importante capire che abbiamo bisogno di dire”. Su questo il priore era categorico: “Conoscere, sapere ha sempre valore solo se serve per dedicarsi agli altri, per schierarsi dalla parte dei più deboli”.
La voce di Viviana, racconta questa storia e intanto accompagna una scenografia che si fa sempre più ricca e completa di elementi: il metro quadrato di terreno che don Milani acquistò nel piccolo cimitero di Barbiana appena arrivato lassù, un piccolo vaso di fiori gialli, la cartina geografica appesa in classe, la sdraio da cui don Milani faceva lezione, il libro di Adele Corradi e tutti gli altri testi pubblicati in questi ultimi sessant’anni su don Milani.
Al centro, a riempire l’ampia palestra, la voce di Adele Corradi, l’insegnante che è stata al fianco di don Milani negli anni più difficili e “avvincenti” della scuola di Barbiana. Adele Corradi, oggi sulla soglia dei cent’anni (“a cui voglio arrivare assolutamente”, ha confessato all’indomani del suo ultimo compleanno), è la professoressa che aveva seguito i ragazzi di Barbiana e l’intero lavoro della scrittura collettiva e che ha portato alla Lettera a una professoressa. Nello spettacolo di Ponteranica, la sua voce ha fatto da stretto collegamento fra il racconto di Viviana, la storia della scuola di Barbiana, così come era gestita dallo stesso don Milani. “A Barbiana la scuola iniziava alle 8 del mattino e durava fino alle 8 di sera. E spesso continuava anche dopo cena. Anche la domenica, dopo la messa, si tornava a scuola. A Barbiana la scuola si faceva 365 giorni l’anno”. Primi sussulti fra gli studenti.
Il racconto di Viviana, all’inizio si intuisce che non è diretto solo ai ragazzi. Parla e si rivolge anche agli insegnanti quando la voce di Adele Corradi riempie la palestra e dice: “Il priore ci ha insegnato a rivolgerci ai grandi maestri per imparare a imparare. Gli insegnanti sono tanti – ci diceva don Lorenzo -, ma i veri maestri sono pochi”. Ecco perché difende don Lorenzo Milani, quando accusa “chi indica don Milani come cattivo maestro, sapendo di criticarlo senza averlo mai letto”. Lei che è salita a Barbiana per la prima volta a 39 anni, “convinta com’ero di non saper insegnare”, per non tornare più indietro dopo quel primo incontro. Così da sempre si è concentrata proprio su quella prima indicazione di don Milani: “Imparare a imparare”. È stata “quella parola, imparare, che mi ha fatto amare l’insegnamento, sorretta anche da una seconda sollecitazione del priore: cercate l’idea giusta di scuola e mettetevela in testa: i metodi poi li dovete scegliere e decidere voi insegnanti di volta in volta”.
Viviana, protagonista del racconto davanti ai ragazzi, ha incontrato Adele Corradi lo scorso maggio. “Quando parlavamo di don Milani era evidente che succedeva qualcosa, gli occhi di Adele si illuminavano, come se don Milani le apparisse lì davanti e lo potesse vedere”. Non poteva essere diversamente. “Le idee di don Milani, la passione di don Milani sono diventate le mie – ha confessato Adele -. C’è stata una cos’alta simbiosi…”.
Quella simbiosi e assimilazione di quel modo di avvicinarsi ai ragazzi, di fare scuola come si faceva a Barbiana che oggi le permette di dire, non senza un pizzico di rabbia, che “sono in molti gli insegnanti a dire che fanno scrittura collettiva come don Milani. Ma non è vero. Di quel metodo non hanno capito nulla e lo applicano in un modo profondamente sbagliato”. Ecco perché non smette di ripetere lo stesso invito, in ogni occasione: “La mia speranza è che nelle scuole si smetta di parlare di don Milani e si studi don Milani, e che a studiarlo non siano i ragazzi, ma gli insegnanti”.
Qui è possibile leggere tutti foglioni scritti dagli studenti della scuola “don Milani” di Ponteranica. Ma il sito ha raccolto anche i fogliolini scritti dai ragazzi di tutte le altre scuole in cui la compagnia Teatro Caverna ha messoin scena lo spettacolo “La Parola fa eguali”. LEGGGI QUI