Scrittura collettiva in classe
per imparare a non dimenticare

Cari lettrici e lettori, 
siamo gli alunni della classe 4^D della scuola primaria “G.G.Trissino” di Cornedo Vicentino.
Abbiamo fatto questo lavoro per ricordare la deportazione e lo sterminio degli Ebrei attraverso: ricerche approfondite, leggendo albi illustrati, schede didattiche e scrivendo i nostri pensieri sui fogliolini secondo il metodo di scrittura creativa-collettiva di Don Milani.
Vogliamo condividere con voi il testo che abbiamo prodotto in maniera collaborativa.

La Giornata della Memoria è il 27 gennaio come stabilito dalla legge del 20 luglio 2000 della Repubblica Italiana perché in quella data, nel 1945, ci fu l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz e la liberazione di molti prigionieri Ebrei. Secondo il dizionario Treccani Shoah significa “catastrofe, calamità ed è un termine con il quale si fa riferimento allo sterminio del popolo ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale”. Nella lingua italiana Shoah si può anche tradurre in Olocausto. 
I nazisti come prima mossa provarono ad eliminare la religione e il popolo ebraico, perseguitandoli ed emanando leggi razziali che prevedevano che gli Ebrei non potessero più fare determinate cose come: andare a scuola, entrare nei negozi, utilizzare i mezzi pubblici ecc…


Hitler, leader del Partito nazista, in un secondo momento tolse completamente la libertà e la dignità agli Ebrei deportandoli nei campi di concentramento. Deportare significa privare dei diritti civili e politici i condannati ed in questo caso specifico allontanandoli dalla loro residenze. Gli ebrei infatti venivano prelevati dalle loro abitazioni, caricati su camion e poi ammassati su treni merci. I convogli arrivavano numerosi nei vari campi di concentramento che si trovavano sparsi sui territori occupati dai nazisti. Le famiglie giunte ai campi venivano divise tra femmine e maschi, private dei loro averi. I prigionieri dovevano indossare la stessa divisa, i carcerieri rasavano  loro i capelli e  tatuavano ad ognuno  un numero identificativo sul braccio. I campi di concentramento erano dei luoghi circondati da filo spinato che impedivano ai detenuti di scappare. C’erano grandi recinzioni controllate da guardie armate con cani addestrati. I prigionieri erano denutriti perché mangiavano poco, solo patate, spesso crude, e zuppa di verza o cavolo. 

I bambini avevano più paura di tutti perché erano separati dai loro genitori, non potevano giocare, ridere e scherzare, non potevano andare a scuola, ma solo lavorare. I prigionieri meno fortunati venivano uccisi nelle camere a gas e nei forni crematori e chi tentava di scappare  veniva fucilato.
Dopo la liberazione dei campi di concentramento e la fine della guerra, molti bambini ebrei dei campi di detenzione furono portati in ospedale per essere curati e sfamati; alcuni finirono in orfanotrofio in attesa di ritrovare i loro genitori o di essere adottati.
Noi alunni della 4^D pensiamo che questi fatti accaduti siano stati orrendi e tristi, però secondo noi si può fare qualcosa: continuare a raccontare e ricordare questi avvenimenti per far sì che non succedano mai più. Speriamo che ogni persona al mondo non dimentichi, anche grazie al nostro lavoro, perché solo la conoscenza ci aiuta a capire e ad imparare dagli errori (o meglio dagli orrori…) per non sbagliare più. 
Il nostro desiderio è che tutti abbiano la libertà di poter realizzare i propri sogni senza arrendersi mai! 

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