Sono stati tre giorni intensivi, tre giorni di laboratorio in classe per imparare e insegnare insieme la scrittura collettiva.
Ecco il mio diario di un percorso che si autogenera.
PRIMO GIORNO
La partenza è semplice, ma di totale aderenza alla realtà come insegna il priore don Milani.
Mi trovo in terra veneta, ai piedi del monte Pasubio, sotto un cielo limpido che sovrasta la scuola dalle aule e dagli ingressi giganteschi, immensi.
La cordialità e la curiosità dei ragazzi mi convincono immediatamente che sia realistico partire dal saluto da quel sciao ( lat. sclavus) che nasce probabilmente in provincia di Venezia con il significato di sono tuo schiavo.
Il saluto genera il percorso di sviluppo critico del pensiero. E’ in questo caso totalmente aderente alla realtà di chi popola questa suggestiva vallata, alla scuola media di Cornedo Vicentino (VI).
Il saluto e gli auguri originano e fanno vibrare le relazioni, danno loro colore, ricchezza, senso. Salutare è un gesto originario e intenso, un luogo di emersione dell’umanità dell’uomo.
Non si tratta di mera ritualità, ma di un saluto che celebra il riconoscimento reciproco fra le persone e ci viene insegnato fin da piccoli dai genitori, mentre ci hanno accompagnato a fare il nostro ingresso all’esterno dell’intimità della nostra casa.
Anche le sonde spaziali Voyager 1 e 2, lanciate verso lo spazio profondo, nella speranza di incontrare una civiltà aliena, i due dischi rivestiti d’oro applicati ai due apparecchi, avevano fedelmente riportato i saluti in una sessantina di lingue (latino, hittita, sumero, greco antico…): un vero patrimonio dell’umanità.
Insieme all’aderenza, l’etimo delle parole rappresenta il cuore del processo di apprendimento.
La parola augurare deriva dal latino augere cioè accrescere, aumentare, come gli auguri del mondo etrusco che annunciano la possibile buona riuscita del giorno. Salutare è una funzione sacerdotale e profetica, legata al presagio della riuscita.
Essere stupiti alla presenza dell’altro appena incontrato, conosciuto, lo fa sentire accolto e parte di sé. Così accade anche nel primo saluto francese “Enchanté”= sono incantato davanti a te.
E togliere il saluto? E’ eliminare il passaggio di quel fuoco reciproco che genera combustione dell’anima, come accade da piccolissimi nella reazione che si genera tra lo sguardo del bimbo ed il sorriso della mamma.
A questo punto una barzelletta sull’importanza del pensiero diventa funzionale a sottolineare ciò su cui si basa tutta la nostra personale identità e che rappresenta il centro dell’apprendimento reciproco che stiamo vivendo, e smorza il climax raggiunto.
Si continua con i saluti in altre lingue come i ragazzi stessi propongono fino ad arrivare alle due formule di saluto in lingua russa che implicano la nozione di tempo che deve trascorrere tra un incontro e l’altro. Questo ci trascina a soffermarci sul significato del tempo cronologico, o tempo skolè, legato alla scuola (etim. tempo libero sottratto al lavoro dei campi) cosa che stupisce, forse scandalizza i ragazzi presenti.
La parola dunque, è una soglia, un confine, una sottile lama su cui corrono i saluti, le relazioni, la comunicazione fra gli individui, ci sono parole che escludono, che possono diventare anche strumento di oppressione.
Ma è il significato della scuola, l’obbligo scolastico che fa obiezione e genera reazioni spontanee.
“Io imparo molto di più dall’esperienza concreta e sulla strada… a scuola dobbiamo solo fare i compiti. E la vita?” dice A.
“A scuola non sanno coinvolgerci, ci rendono brutte anche le materie che amiamo, e più noiose quelle che odiamo, oltre alle preferenze dei professori che non ci piacciono” rilancia F.
SECONDO GIORNO
Dedicato a inoltrarsi verso le domande del giorno precedente.
Decido di documentare la valenza della scuola, prima di cominciare a scrivere secondo due aspetti :
1. scuola come unico luogo che aiuta a giudicare i fatti che accadono
2. scuola come ambito in cui si sviluppano le soft skills in continuità con il mondo del lavoro che li attende.
- Leggiamo un articolo di giornale sulla tragedia di Giulia Cecchettin, dopo il minuto di silenzio in tutte le scuole italiane : dialogo socratico
- Individuiamo le soft skill a partire dall’ esperienza di tutti i giorni : dialogo socratico e visualizzazione di due cortometraggi.
Dal gruppo si leva il desiderio di un’allieva di trattare dei cani soccorritori nei pericoli, ma la bellezza del clima di lavoro collettivo ed uno scambio composto tra i ragazzi, ci riporta al fascino di quanto stavamo trattando.
TERZO GIORNO
E’ tempo di scrittura. L’abilità collettiva prende le mosse dal saluto e i temi del primo giorno fissati sui fogliolini.
Ma gli imprevisti in itinere, generano nuovi dialoghi socratici.
Si alza il grido di una studentessa circa l’ingiustizia, un grido che sovrasta imperioso il percorso proposto e il lavoro in corso.
Un grido che vola alto, superbo, verso il cielo. Si tratta di quell’atteso imprevisto che avrebbe sicuramente fatto scalpitare di gioia e dolore don Milani e palpitare il suo cuore attento alle domande autentiche e irresistibili, dei nostri preadolescenti.